Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, denominato in passato trapianto di midollo, consiste nel trapianto delle cellule da cui originano tutti gli elementi corpuscolati del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Il midollo osseo è un organo fondamentale per il funzionamento dell'organismo, in quanto provvede alla produzione delle cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine).
Nel nostro corpo, il midollo osseo si trova disperso all'interno del canale delle ossa lunghe (canale diafisario o cavità midollare) e nelle cavità del tessuto osseo. È formato da una maglia di fibre e di cellule (la componente stromale) che hanno la funzione di sostenere meccanicamente e funzionalmente la cosiddetta componente rossa rappresentata dalle cellule staminali emopoietiche e dai precursori delle cellule del sangue.
La cellula staminale emopoietica è una cellula non ancora matura, capostipite di tutti gli elementi fondamentali del sangue. È in grado di moltiplicarsi e, contemporaneamente, di produrre cellule figlie che, attraverso successivi processi di maturazione, daranno origine agli elementi maturi che si trovano nel sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine).
Le cellule staminali emopoietiche si trovano all'interno del midollo osseo e nel sangue del cordone ombelicale al momento della nascita, ma possono essere mobilizzate e fatte migrare nel sangue dei bambini e degli adulti con un'opportuna stimolazione con particolari farmaci denominati fattori di crescita.
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche rappresenta il trattamento di scelta per svariate malattie:
- Malattie ematologiche neoplastiche e non;
- Tumori solidi;
- Errori congeniti del metabolismo;
- Immunodeficienze primitive.
Nei bambini con alcune malattie genetiche, il trapianto di cellule staminali emopoietiche permette di sostituire le cellule del bambino che mancano o non funzionano con cellule sane prodotte da cellule staminali emopoietiche ottenute da un donatore sano.
Il primo trapianto di cellule staminali emopoietiche è stato effettuato con successo oltre cinquanta anni fa in un bambino affetto da immunodeficienza combinata grave (SCID dall'inglese Severe Combined Immune Deficiency). Per via di un'alterazione genetica, i linfociti dei neonati con immunodeficienza combinata non funzionano e i linfociti sono essenziali per il funzionamento del sistema immunitario.
Di conseguenza i neonati soffrono di gravissime infezioni che permettono loro di sopravvivere solo per pochi mesi. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche fornisce linfociti normali che ripristinano il funzionamento del sistema immunitario portando alla guarigione.
Dal primo trapianto, continui progressi scientifici hanno consentito a un numero crescente di bambini affetti da malattie immuno-ematologiche non maligne, di trovare, nel trapianto, una cura definitiva per la propria malattia.
Nell'ambito delle malattie tumorali, il trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche può rappresentare l'unica terapia salvavita. Può rappresentare la terapia più efficace per ridurre il rischio di ricaduta di malattia nei bambini con leucemia ad alto rischio in cui la leucemia è regredita grazie alla chemioterapia.
L'obiettivo del trapianto di cellule staminali emopoietiche è quello di fornire al bambino una popolazione di cellule staminali sane che si differenzino in cellule del sangue mature per rimpiazzare gli elementi cellulari del bambino che mancano o che non funzionano. In questo modo, il midollo osseo del bambino viene totalmente sostituito con quello del donatore e, con esso, il sistema emopoietico ed il sistema immunitario.
Per tale motivo, un bambino che deve essere sottoposto a trapianto di cellule staminali emopoietiche dovrà ricevere, nei giorni precedenti il trapianto, chemioterapia a dosi molto elevate, talvolta associata a radioterapia. Questa terapia preparatoria, chiamata regime di condizionamento ha il duplice compito di creare spazio per l'attecchimento delle cellule staminali del donatore e di eliminare le cellule immunitarie responsabili del rigetto.
Per rendere più agevole la somministrazione dei farmaci e i prelievi, verrà posizionato un catetere venoso centrale. Al termine della terapia di condizionamento si procede a prelevare le cellule staminali emopoietiche del donatore (direttamente dal midollo osseo o da vene periferiche).
Le cellule staminali vengono quindi infuse al bambino, attraverso il catetere venoso, esattamente nello stesso modo in cui viene effettuata una trasfusione di sangue.
La donazione classica consiste nel prelievo di sangue midollare dalle creste iliache posteriori (effettuata in anestesia generale in camera operatoria) che richiede una breve ospedalizzazione (non più di 48 ore).
La seconda modalità è la donazione di cellule staminali emopoietiche con prelievo da sangue periferico dopo stimolazione con fattore di crescita granulocitario (farmaco). La donazione in questo caso prevede la somministrazione di tale farmaco nei 5 giorni precedenti la raccolta.
Il fattore di crescita ha la proprietà stimolare il trasferimento delle cellule staminali emopoietiche dal midollo osseo al circolo sanguigno facendo così aumentare il numero di cellule staminali emopoietiche nel sangue da cui vengono prelevate mediante un'aferesi.
Il sangue, prelevato da un braccio, attraverso un circuito sterile entra in una centrifuga dove la componente cellulare utile al trapianto viene isolata e raccolta in una sacca, mentre il resto del sangue viene reinfuso al donatore stesso dal braccio opposto.
Il termine chimerismo deriva dalla mitologia classica. La chimera è una creatura mitologica il cui corpo è costituito da parti anatomiche derivate da differenti individui. Nel caso del trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (quando le cellule staminali emopoietiche vengono prelevate da un donatore), il termine chimerismo indica la coesistenza, nello stesso individuo, di due patrimoni genetici differenti: quello delle cellule del donatore e quello delle cellule del ricevente.
Mediante specifici test molecolari è possibile valutare il chimerismo sulle specifiche cellule del sangue. Nel periodo successivo al trapianto tutte le cellule emopoietiche devono essere di origine del donatore. Questa situazione si definisce chimerismo completo a favore delle cellule del donatore o anche, in maniera più colloquiale, chimerismo 100% donatore.
Nelle malattie ematologiche non maligne (come per esempio la talassemia), è accettabile anche un chimerismo misto (coesistenza di cellule del sangue derivanti dal donatore e di cellule del sangue derivanti dal ricevente). Questa situazione non è ammessa nelle malattie maligne (per esempio la leucemia) in quanto la presenza di cellule del bambino indica una ripresa della malattia.
Trapianto autologo
Si parla di autotrapianto o di trapianto autologo quando le cellule staminali emopoietiche infuse sono state prelevate al bambino medesimo in una fase precedente della malattia e opportunamente criopreservate in azoto liquido ad una temperatura di -196 °C. Questo tipo di trapianto è il più usato nella cura dei tumori solidi e ha lo scopo di permettere alte dosi di chemioterapia antitumorale.
Trapianto allogenico
Si parla di trapianto allogenico quando le cellule staminali emopoietiche vengono prelevate da un donatore. Questo tipo di trapianto viene utilizzato per la cura delle emopatie maligne, delle malattie genetiche e delle immunodeficienze.
Il trapianto può essere effettuato da diversi tipi di donatori:
- Donatore familiare compatibile (HLA-identico): è l'opzione migliore, rappresentata da un fratello (o una sorella) compatibile al 100% con il paziente. La probabilità di che un fratello sia HLA-identico (compatibile) sono del 25%;
- Donatore non consanguineo: il 70-75% dei pazienti che necessitano di un trapianto non dispone di un donatore HLA-identico all'interno del nucleo familiare. A partire dai primi anni '70, l'istituzione di Registri internazionali di Midollo Osseo, in cui sono schedati oltre 30.000.000 di potenziali donatori ha reso possibile l'accesso alla procedura trapiantologica per un numero sempre crescente di soggetti. La probabilità di reperire un donatore non consanguineo HLA-compatibile è stimabile oggi nell'ordine del 60-70%. Dipende, tuttavia, in larga parte dalle caratteristiche genetiche e dall'etnia del ricevente. Pazienti di origine caucasica hanno, infatti, una probabilità di identificare un donatore compatibile maggiore rispetto a pazienti di origine africana o ispanica, in quanto i gruppi etnici da cui originano questi pazienti son assai meno presenti nei registri internazionali;
- Cordone ombelicale: negli ultimi due decenni, numerosi studi che hanno valutato l'idoneità del sangue cordonale, prelevato al momento della nascita e criopreservato nelle banche di cordone ombelicale, come sorgente alternativa di cellule staminali emopoietiche. Il trapianto di sangue cordonale ha l'indubbio vantaggio di rappresentare una fonte di progenitori emopoietici immediatamente disponibile e studi effettuati nella popolazione pediatrica hanno dimostrato un'efficacia sovrapponibile al trapianto da un donatore non consanguineo. In questo tipo di trapianto, il cordone impiegato può appartenere sia ad un fratello HLA-compatibile sia a un donatore volontario. Ad oggi, nel mondo, sono conservate, dopo opportuna caratterizzazione e crioconservazione, più di 600.000 unità di sangue cordonale e con le cellule emopoietiche in esse contenute sono stati eseguiti più di 30.000 trapianti;
- Donatore aploidentico (o donatore familiare HLA-parzialmente compatibile): a dispetto del crescente numero di potenziali donatori disponibili nei registri internazionali, un 30-40 per cento di pazienti non trova un donatore idoneo oppure è urgente che venga avviato al trapianto in tempi non compatibili con quelli necessari per identificare un donatore al di fuori dell'ambito familiare (in media ci vogliono 3-4 mesi). Per questo, negli ultimi 20 anni molto si è investito nell'utilizzo come donatori di cellule staminali emopoietiche di uno dei due genitori, che sono HLA-compatibili per il 50% con il proprio figlio. Tuttavia, l'utilizzo di queste cellule rischia di causare gravi complicanze infettive o immunologiche, potenzialmente fatali. Al fine di migliorare la sicurezza del trapianto da genitore, presso il dipartimento di Onco-ematologia dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è stata messa a punto una tecnica di manipolazione delle cellule staminali che permette di ridurre i rischi di infezione e di altre complicanze che insorgono quando si ricorre a un donatore parzialmente compatibile come un genitore. Questa tecnica di manipolazione delle cellule staminali emopoietiche permette di eliminare le cellule (i linfociti T alfa/beta+) responsabili dell'aggressione dei tessuti del ricevente da parte delle cellule del donatore (Graft versus-host-disease o Malattia trapianto contro ospite) lasciando al contempo all'interno del trapianto stesso un elevato numero di cellule (linfociti T gamma/delta+ e cellule Natural Killer) capaci di svolgere un'azione anti-leucemica (nel caso delle malattie maligne) e di proteggere il bambino da infezioni gravi soprattutto nei primi mesi dopo il trapianto.
Le cellule staminali emopoietiche del donatore raggiungono gli spazi midollari e iniziano a proliferare. Tale fase, definita attecchimento, si verifica dopo circa 15 giorni dal trapianto ed è apprezzabile attraverso la risalita del numero dei globuli bianchi e delle piastrine e dei valori di emoglobina nel sangue.
Tuttavia, il buon esito di un trapianto di cellule staminali emopoietiche, in particolar modo se allogenico, non si conclude con l'attecchimento; è infatti necessario che le cellule infuse imparino a convivere con il sistema immunitario del ricevente. In generale, la fase più critica è rappresentata dai primi 100 giorni dopo il trapianto.
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche è diventato una procedura sempre più sicura nel corso degli anni, grazie al miglioramento delle tecniche di tipizzazione dei tessuti (HLA) e all'ottimizzazione dei regimi di condizionamento e delle terapie di supporto. Esiste ancora, tuttavia, un rischio non trascurabile di complicanze.
Le principali sono:
- Il rigetto delle cellule trapiantate da parte del sistema immunitario del ricevente;
- La malattia del trapianto contro l'ospite (Graft versus-host-disease, GvHD): è una condizione legata all'aggressione dei tessuti del bambino da parte dei linfociti del donatore.
Si distinguono:
- Una forma acuta, che inizia nei primi 100 giorni e può colpire cute, intestino e fegato;
- Una forma cronica, che inizia dopo i primi 100 giorni e può assumere le caratteristiche di una malattia autoimmune generalizzata in quanto può colpire diversi organi e tessuti. Al fine di evitare la comparsa di questa temibile complicanza, si effettua una specifica prevenzione con farmaci sia prima del trapianto, sia dopo l'infusione delle cellule staminali emopoietiche. La prevenzione è basata sull'impiego di terapia immunosoppressiva e ha lo scopo di favorire una convivenza equilibrata tra il sistema immunitario del bambino e quello del donatore. Nei pazienti sottoposti a trapianto aploidentico, come già specificato, è necessario invece rimuovere una parte dei linfociti del donatore prima dell'infusione di cellule staminali;
- Infezioni (batteriche, virali e fungine): il rischio di infezioni è massimo nei primi giorni dopo il trapianto, quando il bambino è completamente privo di difese immunitarie. Con la risalita dei globuli bianchi il bambino riprende ad avere una prima linea di difesa nei confronti dei germi ma sono necessari parecchi mesi per ripristinare un sistema immunitario perfettamente funzionante. La ricostituzione del sistema immunitario è più lenta nei bambini trapiantati con cellule staminali emopoietiche di un donatore aploidentico, perché la manipolazione del trapianto può ritardare lo sviluppo di alcuni linfociti, i linfociti T fondamentali nella protezione da infezioni virali e fungine;
- Effetti collaterali a lungo termine causati dalla chemioterapia e dalla radioterapia di preparazione al trapianto: i problemi che possono verificarsi a distanza dal trapianto dipendo da molti fattori diversi come il tipo di farmaci usati per il condizionamento prima del trapianto, l'impiego o meno della radioterapia o di altri farmaci utilizzati per l'immunosoppressione.
I problemi che possono verificarsi anche a parecchi anni di distanza dal trapianto comprendono:
- Danni a carico di singoli organi come il cuore, i polmoni, reni e sistema nervoso;
- Ricadute del tumore;
- Tumori secondari, cioè nuovi tumori;
- Infertilità;
- Alterazioni ormonali soprattutto a carico degli ormoni della tiroide e degli ormoni della ipofisi;
- Cataratta;
- Malattie linfoproliferative post-trapianto.
In assenza di complicanze gravi quali, per esempio lo sviluppo di una forma cronica della malattia del trapianto contro l'ospite (GvHD), un bambino guarito dalla sua malattia grazie al trapianto di cellule staminali emopoietiche potrà condurre una vita assolutamente normale. È fondamentale tuttavia fare attenti controlli a lungo termine, controllando in particolare gli aspetti legati alla funzione endocrina (accrescimento staturo-ponderale, funzionalità tiroidea, funzione delle gonadi).