La scoliosi è una deformità tridimensionale della colonna vertebrale, causata da uno sviluppo abnorme delle vertebre che determina una curvatura della colonna sul piano frontale. La scoliosi può peggiorare durante la crescita fino a provocare una deformità importante: a parte il danno estetico, una scoliosi grave è causa di dolore cronico nel corso della vita e una curva molto grave può deformare la gabbia toracica, riducendo lo spazio a disposizione dei polmoni e compromettendone il funzionamento.
La scoliosi può avere cause differenti.
La forma più comune, detta scoliosi idiopatica, si sviluppa negli adolescenti durante la fase di crescita che precede la pubertà; il termine idiopatico indica una patologia da causa sconosciuta: infatti, l'esatta causa di questa malattia non è stata individuata. Tuttavia presenta caratteristiche di ereditarietà, perché tende a presentarsi nelle stesse famiglie, e probabilmente esistono anche fattori ambientali predisponenti.
Esistono scoliosi secondarie ad altre patologie:
- Scoliosi congenita: è presente alla nascita ed è causata da una o più malformazioni delle vertebre, che si presentano incomplete (emispondili) oppure fuse tra loro;
- Scoliosi neuromuscolare: è causata da malattie neurologiche, come la paralisi cerebrale o la distrofia, che determinano grave deficit dei muscoli paraspinali, cioè dei muscoli che contribuiscono a mantenere diritta la colonna;
- Scoliosi associata a sindromi genetiche, come la sindrome di Down, la sindrome di Marfan e la Neurofibromatosi;
- Scoliosi degenerative, che colpiscono nell'età adulta e sono causate dalla progressiva degenerazione dei dischi intervertebrali.
Bisogna distinguere la vera scoliosi, che è una vera e propria deformità, dagli atteggiamenti scoliotici, nei quali la curva della colonna è riducibile, causati da difetti nella postura oppure da manifestazione di una leggera differenza di lunghezza degli arti inferiori oppure ancora, causati da una contrattura muscolare.
La scoliosi idiopatica si manifesta a partire dalla pre-adolescenza, attorno ai 10 anni, anche se esistono forme precoci che colpiscono bambini più piccoli. La scoliosi idiopatica colpisce entrambi i sessi, ma ha una netta prevalenza per il genere femminile. A seconda della regione della colonna vertebrale colpita dalla deformità parliamo di scoliosi toracica, lombare o toraco-lombare: spesso, infatti, lo sviluppo di una curva primaria causa la comparsa di curve secondarie o di compenso, che danno alla colonna vertebrale il tipico aspetto a esse.
La scoliosi idiopatica in genere viene identificata durante una visita di routine dal pediatra di famiglia; spesso i genitori sono i primi a sospettare la presenza di una curvatura della colonna nei figli, oppure il dubbio viene sollevato da un insegnante o un istruttore sportivo. Uno dei test diagnostici più semplici ed efficaci per individuare la scoliosi è il test di Adam: il paziente, stando in piedi, viene invitato a flettere il tronco in avanti a un angolo di 90° con il bacino, senza piegare le ginocchia.
Osservando la schiena in questa posizione, il medico è in grado di notare una sporgenza delle coste su un lato (detta gibbo), un'asimmetria delle anche o una differenza di altezza tra le due scapole, tutti indizi della presenza di una curva strutturata della colonna. Se l'esame clinico è positivo, si esegue una radiografia della colonna vertebrale. La radiografia consente di misurare l'entità della curva e il grado di rotazione delle vertebre. Infatti, poiché la scoliosi è una deformità tridimensionale, oltre a curvarsi sul piano frontale la colonna vertebrale ruota sul suo asse verticale.
La rotazione della colonna influenza la gravità del gibbo costale, come pure il grado di rigidità della curva.
La gravità della curva viene espressa in termini di angolo di Cobb che viene calcolato su una radiografia della colonna intera in proiezione antero-posteriore: si individua la vertebra più inclinata al di sopra dell'apice della curva e si traccia una retta parallela alla limitante superiore della vertebra; nello stesso modo si individua la vertebra più inclinata al di sotto dell'apice della curva e si traccia una retta parallela alla limitante inferiore della vertebra: l'angolo di Cobb è formato dal prolungamento delle due rette (facilmente misurabile tracciando due linee perpendicolari alle rette).
Generalmente angoli al di sotto di 10° non sono significativi; un angolo di Cobb compreso tra i 10° e i 20° definisce una scoliosi lieve che, nella maggioranza dei casi, non necessita di trattamento ma solo di osservazione clinica. Scoliosi oltre 20° Cobb vanno invece trattate.
La radiografia della colonna deve comprendere anche il bacino, in modo da consentire una stima dell'età ossea del paziente attraverso il grado di ossificazione delle apofisi dell'ileo; questo segno, detto di Risser, dà al medico un'idea del grado di maturazione ossea del soggetto e quindi della aspettativa di crescita. Finché il soggetto è in crescita, la curva scoliotica può progredire e il segno di Risser è importante per valutare la durata e l'efficacia del trattamento intrapreso.
Le scoliosi da 20° Cobb vanno curate; sebbene vari regimi di fisioterapia correttiva siano stati proposti per la correzione delle curve, e comunque l'esercizio fisico debba far parte della terapia delle scoliosi, l'unico trattamento che abbia dimostrato una reale efficacia è l'uso di corsetti.
Esistono diverse tipologie di corsetto, che vengono prescritti sulla entità e sulla morfologia delle curve scoliotiche e sono modellati direttamente sul paziente: la loro efficacia è infatti legata a una stretta aderenza alla anatomia del soggetto, e per questo motivo i corsetti vanno periodicamente sostituiti (in genere ogni 4-6 mesi) per adattarsi alla crescita e ai cambiamenti nella morfologia della colonna.
Vale la pena ricordare che in Italia il costo del corsetto, fino ai 18 anni di età, è integralmente coperto dal Sistema Sanitario Nazionale. Il corsetto agisce con un meccanismo di elongazione, derotazione e flessione sulla deformità scoliotica in modo da sfruttare la naturale crescita della colonna per rimodellarla correggendo tridimensionalmente la curva.
Tra i numerosi modelli di corsetti, questi sono alcuni dei più comunemente prescritti:
- Corsetto Milwakee: il corsetto Milwakee storicamente è stato tra i primi corsetti sviluppati per il trattamento della scoliosi; il principale svantaggio è costituito dall'appoggio occipito mentoniero che blocca qualunque movimento laterale del capo e lo rende visibile, con problemi di aderenza da parte del paziente. In genere viene prescritto per trattare curve toraciche alte dove altri corsetti più corti sarebbero inefficaci;
- Corsetto Lionese: sviluppato nell'ambito del trattamento lionese, che consiste nel correggere le curve scoliotiche con corsetti in gesso progressivi, mantenendo poi il risultato raggiunto con un corsetto statico;
- Corsetto Cheneau: corsetto sviluppato per il trattamento delle scoliosi a livello toracico e a livello lombare;
- Corsetto Boston: corsetto corto efficace soprattutto nelle scoliosi lombari;
- Corsetto ART: questo corsetto è una evoluzione del lionese, viene realizzato su un programma di disegno tridimensionale in modo da unire l'azione correttiva dei gessi con l'azione di tutorizzazione del corsetto lionese.
Il trattamento con corsetto in genere prevede che il presidio venga indossato per almeno 18 ore su 24: può essere integrato con un programma di esercizi correttivi e di rinforzo muscolare. Nella stragrande maggioranza dei casi, il paziente può praticare qualsiasi tipo di sport e anzi viene incoraggiato a scegliere una attività sportiva di proprio gradimento come integrazione non solo fisica, ma anche psicologica del trattamento in corsetto, in modo da non percepire la terapia come una forma di limitazione della vita di relazione. In molti casi è possibile praticare sport indossando il corsetto. Contrariamente a opinioni diffuse tra i non addetti ai lavori, la pratica del nuoto non ha un effetto di prevenzione e cura nella scoliosi, come pure la pratica amatoriale di sport lateralizzanti quali il tennis o la scherma non ha una particolare controindicazione nella scoliosi.
I corsetti si sono dimostrati efficaci nel trattamento della scoliosi di ragazzi che non hanno raggiunto la maturità scheletrica, con curve fino a 30°/35° Cobb. In curve scoliotiche oltre 35°/40° Cobb il corsetto non ha efficacia, e il trattamento della deformità è chirurgico. Bisogna sottolineare che anche una curva di 35° Cobb a maturità scheletrica raggiunta ha una possibilità del 50% di progredire nell'età adulta, tipicamente di 1° /1.5° all'anno; così una ragazza che a 16 anni presenta una scoliosi di 35° Cobb, può sviluppare una curva di 50° Cobb a 30 anni: in questo caso la progressione della curva non è causata dall'accrescimento, ma dal crescente squilibrio della colonna e dalla degenerazione dei dischi intervertebrali aggravata dal carico asimmetrico sulla struttura ossea.
L'intervento correttivo consiste nella riduzione della deformità della colonna su 2 barre opportunamente sagomate, derotando e rettilinizzando la curva scoliotica grazie all'azione sulle singole vertebre trasmessa attraverso viti che vengono inserite all'interno di strutture ossee vertebrali chiamate peduncoli. La correzione così ottenuta viene stabilizzata attraverso una fusione ossea delle vertebre interessate, detta artrodesi, che si esegue decorticando gli elementi vertebrali posteriori in modo da esporre l'osso spongioso sottostante e inserendo un innesto osseo, costituito da tessuto osseo prelevato dal paziente stesso, a volte integrato da materiali di sintesi, di natura ceramica (una sorta di osso artificiale); nel giro di alcuni mesi gli innesti ossei si integrano con le strutture circostanti, fissando la colonna vertebrale nella posizione corretta.
In scoliosi fino a circa 100° Cobb è possibile eseguire una correzione completa con un unico intervento eseguendo un accesso chirurgico tutto per via posteriore; in scoliosi estremamente gravi, oltre 100° Cobb, può essere necessario un primo intervento per via anteriore, attraverso il torace, per rimuovere i dischi vertebrali aumentando l'elasticità della colonna, per poi procedere all'intervento per via posteriore, in un secondo tempo, ottenendo una migliore correzione. La durata dell'intervento tipico per la scoliosi è attorno alle 5 ore e la degenza media in ospedale per l'intervento è 7 giorni.
L'intervento può essere programmato nelle ragazze a partire da 11-12 anni e nei ragazzi a partire da 12-13 anni, quando lo sviluppo in altezza della colonna è sufficiente a evitare che il blocco della crescita delle vertebre interessate dall'artodesi possa dar luogo a un tronco corto. Nei casi chirurgici di scoliosi precoce (early onset), che colpiscono bambini sotto gli 8/10 anni di età, si utilizzano interventi così detti senza fusione (fusionless), nei quali, per permettere il pieno sviluppo della colonna vertebrale evitando al contempo che la curva scoliotica progredisca fino a deformare la gabbia toracica e compromettere la respirazione, si utilizzano particolari strumentari con barre allungabili.
In questo caso la colonna non viene bloccata immediatamente con una artrodesi (fusione), ma le barre vengono progressivamente allungate seguendo la crescita del paziente e mantenendo al contempo la correzione. Lo svantaggio relativo di questa tecnica è la necessità di sottoporre il piccolo paziente a interventi ripetuti, in media ogni 8/12 mesi, fino a quando la colonna è sufficientemente sviluppata per procedere ad una fusione (artrodesi) definitiva. Sono state sviluppate anche delle barre che si allungano con meccanismo magnetico, e possono essere manovrate dall'esterno senza necessità di intervenire chirurgicamente: tuttavia nella pratica clinica non si sono rivelate completamente affidabili e non hanno sostituito i sistemi di allungamento manuale. Una menzione a parte è necessaria per gli interventi correttivi della scoliosi congenita da emispondilo.
In questo caso la curva è causata da una malformazione presente alla nascita: una vertebra è formata solo a metà (emivertebra) e cresce solo su un lato agendo come una sorta di crick che determina una progressiva curvatura della colonna. La storia naturale della scoliosi congenita evolutiva da emispondilo è lo sviluppo di una curva scoliotica strutturata, con eventuali curve secondarie. La correzione chirurgica può essere proposta molto precocemente, anche a partire dai due anni di età: l'intervento, detto emispondilectomia, consiste nella rimozione radicale dell'emispondilo che a livello lombare e toracico può essere portata a termine in un'unica seduta operatoria, con un accesso posteriore.
Il vantaggio di operare un paziente così giovane è di poter trattare la causa della curva, eliminandola, prima che si sviluppi una deformità strutturata a carico di più vertebre. L'artrodesi, supportata da uno strumentario di idonee, piccole dimensioni, è molto corta, e non compromette la successiva crescita della colonna vertebrale che procede fisiologicamente, giungendo quindi a una definitiva guarigione della deformità.
Dopo l'intervento il paziente, trascorsi pochi giorni, può mettersi in piedi e camminare senza aiuto, e nelle prime settimane indossa un corsetto che tutela la corretta formazione di una fusione ossea completa; a pochi giorni dalla dimissione i ragazzi operati riprendono la frequenza scolastica, e a partire da 4 mesi dall'intervento iniziano a riprendere attività sportiva, cominciando dal nuoto.