L'incidenza di leucemie in età pediatrica in Europa è da valutarsi intorno a 8 casi su 100.000 ogni anno. La Leucemia Linfoide Acuta (LLA) è almeno sei volte più frequente della Leucemia Acuta non Linfoide o Mieloide (LANL o LAM); più del 60% delle Leucemie Linfoidi Acute pediatriche e solo il 30%-40% delle Leucemie Acute non Linfoidi sono da considerarsi come completamente guaribili. L'esposizione a differenti agenti come radiazioni, idrocarburi, chemioterapici (alchilanti, nitrosuree), inibitori delle Topoisomerasi II, è stata associata a Leucemie Acute (LA).
Danni da tali agenti causano mutazioni e/o aberrazioni cromosomiche in grado di indurre alterazioni della differenziazione e proliferazione della cellula staminale emopoietica. Anche alcuni virus (retrovirus) sono leucemogenici in molti modelli animali; l'HTLVI è stato dimostrato essere correlato a leucemie linfoidi dell'adulto, comunque un collegamento tra retrovirus e Leucemia Acuta non Linfoide non è stato mai definito.
Casi familiari di Leucemie Acute sono stati descritti, ma raramente e un'aumentata incidenza di Leucemie Acute è stata dimostrata nella sindrome di Down e in altri disordini congeniti tra cui Atassia-Teleangectasia, sindrome di Bloom, Monosomia 7, Anemia di Fanconi, sindrome di Blackfan-Diamond e Schwachman-Diamond.
Nelle Infant-Leucemie (pazienti di età <12 mesi) è stata dimostrata con elevata frequenza una ben definita alterazione genetica, la t(4;11). Tali leucemie della primissima infanzia e talora connatali hanno una prognosi particolarmente severa e sono in corso accurati studi epidemiologici che sfruttano il ridotto arco di tempo (gravidanza-nascita) in cui ha agito l'agente oncogeno; l'importanza degli inibitori della Topoisomerasi II nel determinismo di tale leucemia è in corso di definizione.
Le moderne tecniche citochimiche immunologiche, citogenetiche e di biologia molecolare hanno portato un contributo determinante nella diagnostica e classificazione delle Leucemie Acute, sottolineando l'importanza prognostica e terapeutica di molte caratteristiche biologiche.
La diagnosi di Leucemie Acute e la successiva classificazione sono il risultato finale di un complesso iter diagnostico che parte dal sospetto diagnostico del medico di base.
L'esordio è estremamente individuale essendo caratterizzato dall'intersecarsi di una sintomatologia emorragica, anemica, infettiva e d'organo, proporzionata all'entità dell'infiltrazione leucemica nel midollo e nei vari tessuti.
Pertanto il quadro clinico che fa porre un sospetto diagnostico può essere più o meno sfumato e la sintomatologia più o meno complessa anche in relazione alla tempestività della diagnosi e al tipo di leucemia.
MANIFESTAZIONE |
CAUSE |
Sindrome emorragica |
Piastrinopenia Coagulazione Intravascolare Disseminato Piastrinopatia Iperfibrinolisi Difetti acquisiti di fattori coagulativi (infiltrazione epatica) |
Sindrome anemica
|
Difetto di produzione (invasione midollare) Aumentata distruzione (autoimmune – molto rara) |
Sindrome infettiva |
Neutropenia Deficit Ig (raro) |
La sintomatologia emorragica è quasi esclusivamente dovuta alla piastrinopenia che è una piastrinopenia da difetto di produzione per l'invasione midollare da parte del clone leucemico.
In genere la piastrinopenia è sintomatica al di sotto delle 20.000/mmc piastrine, ed emorragie spontanee compaiono sotto le 10.000/mmc. Ovviamente la riduzione dei livelli di altri fattori della emocoagulazione per un interessamento soprattutto epatico, può aggravare e rendere più evidente la sintomatologia emorragica cutanea e/o mucosa.
Una considerazione a parte va fatta per la Leucemia Acuta non Linfoide Promielocitica (M3 sec. la classificazione FAB) in cui la grave sintomatologia emorragica ha come patogenesi una Coagulazione Intravascolare Disseminata (CID) caratterizzata da un consumo dei fattori della coagulazione (piastrine comprese), innescato dalla liberazione di sostanze trombinosimili derivanti dalla lisi delle cellule leucemiche; anche se raramente, la Coagulazione Intravascolare Disseminata può essere il quadro sintomatologico d'esordio in tutte le Leucemie Acute.
Anche l'anemia normocitica dà difetto di produzione è legata all'invasione midollare (più raramente alla sindrome emorragica) e quindi è variabile, oscillando tra l'emergenza trasfusionale (Hb < 6 g%) e livelli di Hb molto vicini alla norma.
Una Leucemia Acuta all'esordio può presentarsi con una massiccia leucocitosi; in questo caso i blasti (cellule leucemiche) possono raggiungere anche cifre >500.000/mmc: sono queste le forme iperleucocitarie che hanno quasi sempre implicazioni cliniche e prognostiche, richiedendo un approccio terapeutico complesso con procedure di leucoaferesi. Talora i leucociti sono quantitativamente normali o addirittura significativamente ridotti, e quindi è presente una minore quantità di cellule leucemiche nel sangue periferico. Non è detto che la quantità di cellule leucemiche nel sangue periferico correli con l'entità dell'infiltrazione leucemica midollare.
La neutropenia periferica può essere più o meno marcata; anch'essa dipende dalla ridotta disponibilità di una residua emopoiesi normale. La neutropenia è la principale causa (accanto alla monocitopenia e talora alla ipogammaglobulinemia) della sintomatologia infettiva che può essere particolarmente grave anche sin dall'esordio: una sintomatologia infettiva resistente alle comuni terapie antibiotiche è talora uno dei sintomi iniziali di molte patologie mielo e linfoproliferative, incluse le leucemie.
Il numero di 500/mmc granulociti neutrofili sembra essere il valore al di sotto del quale l'incidenza del rischio infettivologico è maggiore e l'approccio antibiotico deve seguire schemi consolidati di poliantibioticoterapia. Ovviamente l'infiltrazione leucemica condiziona la serie linfocitaria ed è frequente sia un deficit quantitativo dei linfociti B e T, che uno squilibrio qualitativo: ciò rende ancora più precario tutto il meccanismo della risposta immune.
L'obiettività clinica di una Leucemia Acuta all'esordio può essere la più variabile, trattandosi di una malattia sistemica. Ogni organo o apparato può essere infiltrato dal clone leucemico e proporzionatamente si avrà un'obiettività clinica ed un'alterazione funzionale.
Frequenti sono l'epatosplenomegalia, le adenomegalie (soprattutto nelle forme linfoidi), l'ipertrofia gengivale nelle forme mieloidi (soprattutto monocitarie), le localizzazioni meningee e gonadiche (soprattutto testicolari). Comunque una rilevanza clinica e prognostica va data alle forme con elevata massa neoplastica, cioè con vistose organomegalie, blastosi periferica >100.000/mmc e localizzazioni extraemopoietiche.
LEGGI ANCHE: Il rischio di infezioni nel paziente oncologico
Il moderno approccio alla diagnostica (e poi alla terapia) delle Leucemie Acute ha oramai codificato che la sintomatologia clinica all'esordio può indirizzare alla diagnosi, ma non è in grado di definire con sufficiente approssimazione la diagnosi differenziale tra forme mieloidi e forme linfoidi, e tantomeno portare un contributo a una classificazione nell'ambito delle forme linfoidi e di quelle mieloidi (non-linfoidi). Per la diagnosi di Lecuemia Acuta è necessario l'esame del citoaspirato midollare che si può effettuare in varie sedi come le creste iliache anteriori e posteriori, lo sterno e, nei bambini più piccoli, la tibia.
Negli anni '80 il FAB Group ha internazionalmente standardizzato i criteri diagnostici delle Leucemie Acute innanzitutto definendo la presenza del 30% di blasti nel midollo come limite al di sopra del quale si pone appunto diagnosi di Leucemia Acuta.
Per la diagnosi differenziale tra Leucemia Acuta linfoide e mieloide lo stesso Gruppo FAB ha definito l'importanza delle colorazioni citochimiche Mieloperossidasi (forme mieloidi) ed Esterasi (forme mieloidi a componente monocitica).
Sappiamo che ancora oggi esiste soprattutto in età pediatrica una differente prognosi ed una differente terapia tra forme linfoidi e non linfoidi e pertanto la diagnosi differenziale oltre ad avere un ruolo biologico ha anche un impatto prognostico e terapeutico.
LEGGI ANCHE: Leucemia linfoblastica (o linfoide) acuta
LEGGI ANCHE: Leucemia acuta mieloide
La classificazione in sottotipi L1, L2, L3 nell'ambito delle forme linfoidi ha perso significato, ove si eccettuino le L3 (fenotipo immunologico B-maturo; aspetto Burkitt-like) che hanno una prognosi peggiore e che pertanto necessitano di trattamenti più aggressivi.
Per la definizione dell'ontogenesi B o T della leucemia linfoide e del livello differenziativo raggiunto dal clone leucemico, la tipizzazione immunologica ha un ruolo determinante. La tipizzazione immunologica è importante anche nella diagnostica differenziale tra forme linfoidi e non linfoidi, soprattutto nelle forme meno differenziate.
Alcuni fenotipi immunologici costituiscono fattori prognostici favorevoli o sfavorevoli anche se spesso non sono indipendenti dagli altri fattori clinici e/o biologici.
Per quanto riguarda la sottoclassificazione delle forme non linfoidi il Gruppo FAB ha definito una sequenza di criteri morfologici e citochimici che distinguono le leucemie M1, M2, M3, M3V, M4, M5a, M5b, M6, M7, dalle Sindromi Mielodisplastiche (forme preleucemiche).
La forma M1 è la più indifferenziata, le M4, M5a, M5b sono forme a varia componente monocitica, l'M6 è l'eritroleucemia, l'M7 è la leucemia megacarioblastica.
Le forme monocitiche pure e soprattutto l'eritroleucemia possono essere considerate forme a prognosi peggiori.
L'M3/M3v rappresentano due aspetti della leucemia promielocitica, che ha una "indipendenza" clinica (gravi complicanze emorragiche per coagulazione intravascolare disseminata all'esordio), terapeutica e prognostica (migliore delle altre forme in quanto a prospettive di guarigione).
La presenza di una coagulazione intravascolare disseminata all'esordio e quindi l'elevato rischio emorragico (spesso cerebrale) con elevata mortalità, rende indispensabile una precoce diagnosi e terapia delle forme M3. I criteri morfologici (forme spesso ipergranulari), immunologici (CD13+, CD33+, HLA-DR-) e soprattutto citogenetici/molecolari (traslocazione t 15;17) consentono la precisa e tempestiva diagnosi.
La citogenetica prima e la genetica molecolare poi (ed insieme alla prima) sono recentemente intervenute, con elevato peso specifico, nella diagnosi, prognosi, e terapie di tutte le Leucemie Acute: le prospettive sono appunto di una personalizzazione biologico-molecolare delle Leucemie Acute.
Circa il 90% delle Leucemie Linfoidi Acute in età pediatrica rivela anomalie cromosomiche clonali, 50% delle quali sono traslocazioni.
L'analisi molecolare è quindi divenuta parte essenziale nella diagnostica delle Leucemie Acute. Risulta essere più specifica e sensibile del cariotipo e può evidenziare lesioni apparentemente identiche allo studio del cariotipo ma coinvolgenti geni differenti e quindi implicanti prognosi differenti.
Il problema tuttora è che anche specifiche anomalie genetiche non hanno un valore prognostico indipendente.
La diagnosi delle leucemie richiede quindi un complesso approccio clinico-biologico che è possibile solo in centri specializzati che peraltro lavorano in gruppi cooperativi nazionali ed internazionali. Solo così è possibile una corretta diagnosi di tipo e sottotipo e quindi una corretta prognosi e terapia.
La polichemioterapia ha avuto un indiscutibile successo nel trattamento delle Leucemie Acute.
La terapia di Induzione con Vincristina, Prednisone e L. Asparaginasi, seguita da una terapia post-remissionale con 6-mercaptopurina e methotrexate, è divenuta uno standard per le Leucemie Linfoidi Acute.
Successivamente due approcci fondamentali hanno migliorato le possibilità di guarigione: la profilassi delle localizzazioni menigee (punture lombari terapeutiche) e l'introduzione di alternati cicli di polichemioterapia, successivi all'ottenimento della Remissione Completa. Soprattutto il gruppo tedesco (BFM) ed il CCG (USA) hanno dimostrato il valore determinante di una intensificazione post-remissionale della terapia.
La polichemioterapia intensificata viene oggi sempre meglio strutturata cercando di personalizzarla a definiti sottogruppi di pazienti ad alto rischio.
Vengono definiti ad alto rischio i pazienti che presentino all'esordio resistenza alla prefase steroidea, alterazioni citogenetiche, età inferiore ad un anno o maggiore di 15 anni, immunofenotipo T, B maturo, Ibrido, globuli bianchi >100.000, localizzazioni extraemopoietiche.
I moderni protocolli per la terapia delle Leucemie Linfoidi Acute utilizzano in genere Prednisone, Vincristina, L.Asparaginasi, Methotrexate (basse ed alte dosi), Ciclofosfamide, Adriblastina, Citosina-Arabinoside, 6-Thioguanina, 6-Mercaptopurina, strutturati in successione come terapia di Induzione, Consolidamento, Reinduzione, Mantenimento.
Al termine della terapia di Induzione si ottiene quella che viene definita come Remissione Completa (RC), cioè la morfologica normalizzazione del citoaspirato midollare, del sangue periferico e la scomparsa di ogni obiettività.
Ovviamente lo scopo della terapia successiva, della durata di due anni, è quello di ridurre ulteriormente la massa neoplastica. Si stima che la Remissione Completa corrisponda ad un residuo clone leucemico di 1010 cellule e che per ottenere una guarigione completa bisogna scendere ulteriomente.
Disponendo oggi di tecniche avanzate come la PCR (Polymerase Chain Reaction) siamo in grado di individuare anche una cellula leucemica residua su 106 cellule totali.
Recenti dati hanno dimostrato nella Leucemia Linfoide Acuta che un livello di blasti inferiore a 10-5 si associa ad un'elevata probabilità di guarigione. Pertanto i nuovi protocolli terapeutici, che potrebbero ulteriormente migliorare la prognosi, saranno guidati dall'analisi della Malattia Minima Residua (MMR). Sarà così valutata la "quantità residua" di leucemia durante il trattamento e questo sarà intensificato proporzionalmente a tali dati.
Anche nelle Leucemie Acute non Linfoidi la polichemioterapia ha dato risultati significativi seppure inferiori rispetto alle Leucemie Linfoidi Acute. Le percentuali di guarigione possono essere valutate fra il 30 ed il 50%.
Gli antraciclinici associati alla Citosina-Arabinoside permettono un'elevata percentuale di Remissione Completa; il trattamento intensivo post-remissionale con Chemioterapia o Trapianto di Midollo è indubbiamente l'approccio terapeutico migliore che consente di raggiungere la più alta percentuale di guarigioni.
Anche nelle Leucemie Acute non Linfoidi la quantificazione della Malattia Minima Residua potrebbe dare un notevole contributo prognostico e terapeutico.
Un discorso a parte merita la Leucemia Acuta promielocitica (APL) (M3, M3v); la Leucemia Acuta promielocitica è caratterizzata da aspetti che rendono necessaria una accurata diagnosi ed uno specifico approccio terapeutico. Tra le caratteristiche cliniche vi è la presenza di una concomitante e grave coagulopatia da consumo che può indurre mortali emorragie cerebrali, e la sensibilità terapeutica all'acido retinoico (ATRA) che ha radicalmente modificato l'approccio terapeutico a questa leucemia negli ultimi anni.
Bisogna considerare quindi che, pur essendo una leucemia ad alto rischio quoad vitam nei primi giorni, la Leucemia Acuta promielocitica risponde bene alle moderne terapie e possiede una bassa tendenza alla recidiva.
Uno degli approcci terapeutici alle Leucemie Acute è il Trapianto di Midollo. Il Trapianto di Midollo va attualmente considerato come Trapianto di Cellule Staminali emopoietiche.
Nel generico e vecchio termine di Trapianto di Midollo sono comprese differenti procedure di Trapianto di cellule staminali dopo terapia sovramassimale. In effetti il variare della procedura trapiantologica è condizionato dalla sorgente di cellule staminali.
Come "procedura" intendiamo condizionamento, prevenzione, GVHD, attecchimento e terapie collaterali. Le sorgenti vanno divise in Autologhe ed Eterologhe.
Le autologhe sono il sangue periferico (CSP) ed il midollo osseo autologo (ABM); le eterologhe sono il familiare compatibile (germano), il donatore da Registro compatibile (non familiare), il donatore più o meno "incompatibile" (a seconda della compatibilità nell'ambito dei loci del sistema dell'antigene leucocitario umano), ed il sangue da cordone ombelicale.
A tutt'oggi il ruolo del trapianto di cellule staminali nelle Leucemie Acute è ben definito nelle sue indicazioni generali anche se ha numerose variabili a seconda dei protocolli internazionali, delle opinioni scientifiche e del singolo caso.
È nostra opinione, però condivisa da molti ematologi, che tuttora il ruolo dell'Autotrapianto nelle Leucemie Acute è da discutere soprattutto fintantochè non sarà disponibile un purging sicuro (pulizia da eventuali cellule leucemiche con lo stesso fenotipo delle cellule staminali) e resterà indispensabile la reazione immune contro le cellule leucemiche (GVL = Graft versus Leukemia), caratteristica del trapianto allogenico.
Nelle Leucemie Acute Linfoidi vi sono indicazioni al trapianto in I RC solo in casi ad alto rischio, ben definiti da caratteristiche prognostiche all'esordio o durante la terapia.
Diverso è il trattamento della prima o ancor più delle successive recidive. Determinanti sono senz'altro alcune condizioni:
- Numero della recidiva;
- Momento della recidiva (precoce o tardiva);
- Disponibilità o meno di un donatore compatibile intrafamiliare;
- Tipo della recidiva (extra e/o intramidollare).
In definitiva il trapianto di cellule staminali va considerato come una terapia in più, sovramassimale, che va legata alla necessità di ottenere una significativa percentuale di guarigione non ottenibile altrimenti (anche con l'utilizzo di "bracci" più aggressivi dei protocolli chemioterapici).
Nel bilancio va inclusa ovviamente una valutazione del rischio mortalità (non attecchimento, GVHD, infezioni, emorragie, ecc.) insito nella stessa procedura trapiantologica. Tale rischio, anche se in progressiva via di riduzione, è del ~ 5% per gli autologhi, del ~ 10-15% per gli allotrapianti compatibili sino a superare il 30% per gli allotrapianti con minore compatibilità nell'ambito del sistema dell'antigene leucocitario umano.
Un bilancio tra possibilità di guarigione con la sola chemioterapia, possibilità di guarigione col trapianto, rischio di mortalità con la sola chemioterapia e rischio di mortalità con il trapianto guida la scelta che poi sarà avallata o meno da numerosi altri dati biologici, clinici ed etici.
Per fare un esempio ancora una volta la Infant Leukemia può essere paradigmatica: una Leucemia Acuta Linfoide di età < 12 m, iperleucocitaria, con ALL1 riarrangiamento, e scarsa risposta alla prefase steroidea ha meno del 10% di possibilità di guarigione con la sola chemioterapia e quindi una procedura di trapianto di cellule staminali può essere l'unica chance di guarigione.
Recenti dati del maggior gruppo ematologico pediatrico nordamericano (CCG) dimostrano invece che nelle Leucemie Acute non Linfoidi il trapianto di cellule staminali allogenico può giocare un ruolo decisivo anche in I RC nell'incrementare le percentuali di guarigioni.
In I RC nei gruppi di Leucemie Acute non Linfoidi a basso rischio (citogenetica favorevole) non tutti sono d'accordo sull'utilità del Trapianto di cellule staminali anche da fratello compatibile. Comunque è certamente indicato nelle Leucemie Acute non Linfoidi ad alto rischio e/o citogeneticamente sfavorevoli e nelle recidive.