Il diabete mellito è una malattia metabolica caratterizzata da un aumento del glucosio nel sangue (iperglicemia) dovuto o a una carenza o a una alterata azione dell'insulina (insulinoresistenza).
Questi due meccanismi caratterizzano due malattie nettamente distinte, che hanno in comune solo l'iperglicemia: il diabete mellito di tipo 1 e il diabete di tipo 2.
Il diabete mellito di tipo 2, di gran lunga più frequente, è dovuto, almeno in una prima fase, a una difficoltà da parte dell'insulina a svolgere il suo compito principale, che è quello di far entrare il glucosio all'interno delle cellule per renderlo disponibile come fonte di energia. La causa è un difficoltoso legame dell'insulina con il suo recettore.
Questo tipo di diabete colpisce prevalentemente adulti o anziani, persone con obesità o in sovrappeso e con familiarità per questa malattia.
Negli ultimi anni, per il diffondersi di abitudini alimentari non salutari, l'aumento della sedentarietà e dell'obesità, il diabete mellito tipo 2 ha cominciato a presentarsi anche in età adolescenziale, soprattutto negli Stati Uniti. In Italia, al momento, i casi di diabete mellito di tipo 2 in età pediatrica sono limitati anche se in aumento.
Il diabete mellito di tipo 1 è dovuto invece a una vera e propria mancanza d'insulina e rappresenta la forma più frequente di diabete in età infantile. Può colpire però anche giovani adulti.
L'insulina è un ormone prodotto dalle beta cellule, che si trovano nelle isole di Langherans, che rappresentano la parte endocrina del pancreas.
La mancanza d'insulina è dovuta a una distruzione delle beta cellule da parte del sistema immunitario che non riesce a riconoscerle più come cellule proprie e le uccide, come farebbe con qualsiasi cellula infettata da un virus o da un batterio.
Per questo motivo il diabete mellito di tipo 1 si definisce una malattia autoimmune e si accompagna alla presenza nel sangue di autoanticorpi diretti contro le beta cellule delle isole di Langherans, contro l'insulina e di altri autoanticorpi.
Sappiamo che tale processo s'innesca in persone geneticamente predisposte nei quali viene messo in moto da fattori ambientali e non ambientali, verosimilmente multipli, a tutt'oggi poco conosciuti.
Questo processo può avere una durata molto variabile, ma prima che compaiano i sintomi conclamati della malattia, è possibile trovare nel sangue anticorpi specifici che rivelano il processo immunitario in atto.
A tutt'oggi non abbiamo una concreta possibilità di bloccare la distruzione delle beta cellule e non riusciamo neppure a prevenirla. Il diabete mellito è la più frequente malattia endocrina dell'infanzia, la sua frequenza è in aumento e varia a seconda delle aree geografiche, etnicità ed età, tuttavia l'aumento è costante e riguarda soprattutto la fascia di età 0-4 anni, seguita da quella 5-9 anni.
L'iperglicemia, dovuta alle grandi quantità di glucosio che si accumulano nel sangue a causa della mancanza dell'insulina prodotta dal pancreas, deve essere diluita e per questo viene richiamata acqua da tutto l'organismo, acqua che viene poi eliminata attraverso il rene.
Vengono così prodotte grandi quantità di urina che stimolano il bambino ad urinare di continuo (poliuria), anche di notte, spesso bagnando il letto (nicturia). Poiché con le urine si perde tanta acqua, per non rimanere disidratati si ha bisogno di bere tanto (polidipsia).
Le cellule, pur in presenza di tanto glucosio in circolo, non possono utilizzarlo, perché non c'è l'insulina che lo fa entrare al loro interno. Pertanto utilizzano i grassi come fonte di energia riversando nel sangue grandi quantità di chetoni (chetonemia). I chetoni vengono eliminati attraverso il respiro, dando un caratteristico odore fruttato all'alito (alito acetonemico).
La mancanza di glucosio porta le cellule ad utilizzare, oltre ai grassi, anche le proteine e questo produce da un lato perdita di peso e stanchezza e dall'altro fame intensa, che rappresenta il tentativo di recuperare le perdite.
I corpi chetonici, in parte vengono eliminati con le urine (chetonuria), ma quando la loro produzione è troppo elevata, abbassano il pH del sangue spostandolo verso l'acidità e sono responsabili della comparsa della chetoacidosi.
La chetoacidosi è il quadro clinico che caratterizza la comparsa del diabete mellito nell'infanzia. È un quadro clinico grave che necessita di una pronta assistenza specialistica in ospedale.
Il diabete dell'infanzia può anche iniziare senza chetoacidosi, se si riconoscono precocemente i sintomi e s'inizia subito la terapia insulinica.
Un bambino che:
- Beve tanto (polidipsia);
- Urina frequentemente e in quantità (poliuria);
- Ricomincia a bagnare il letto di notte (nicturia);
- Perde peso pur mangiando molto (dimagramento);
- È stanco pur riposando adeguatamente (astenia);
deve essere subito valutato dal pediatra. Basterà uno stick delle urine o una glicemia capillare con un glucometro per verificare se questi sintomi si associano a un'iperglicemia.
Se questi sintomi si associano ad alito acetonemico (odore di frutta fermentata), a intensa stanchezza e a una reattività minore del solito, è necessario portare il bambino in pronto soccorso per una valutazione immediata delle analisi del sangue: il bambino potrebbe soffrire di chetoacidosi e aver quindi bisogno urgente di terapia.
La diagnosi di diabete si fa quando la glicemia a digiuno è maggiore di 126 mg/dl oppure una glicemia occasionale è maggiore di 200 mg/dl in presenza di poliuria (molta urina) e polidipsia (molta sete).
Si può arrivare alla diagnosi anche quando si rilevano valori superiori o uguali a 200 mg/dl due ore dopo la somministrazione per bocca di 75 g di glucosio nei bambini di peso superiore o uguale a 43 Kg e di 1.75 g di glucosio/Kg di peso quando il peso corporeo è inferiore a 43 Kg (la cosiddetta curva da carico orale di glucosio).
Nonostante questi siano i riferimenti codificati per la diagnosi di diabete, la comparsa del diabete in un bambino è solitamente preceduta da molti sintomi che in genere attirano l'attenzione ben prima di fare una glicemia.
L'unica terapia possibile nel diabete mellito di tipo 1 è la terapia insulinica.
La terapia insulinica non è una terapia "curativa", ma sostitutiva, ossia mira a ripristinare la funzione che non c'è più.
Esistono diverse formulazioni di insulina che permettono di adattare la terapia alle esigenze del singolo paziente, tuttavia lo schema più diffuso è quello basato sull'impiego di insuline ad azione veloce ai pasti e di un'insulina a lunga durata d'azione che copre tutte le 24 ore, somministrata quindi una volta al giorno.
Questo schema è quello che riproduce meglio quello che il pancreas fa quando funziona normalmente e viene definito schema basal bolus.
L'insulina viene somministrata attraverso stiloiniettori, dette "penne" che nella maggioranza dei casi sono preriempite d’insulina e quindi pronte all’uso. A breve saranno disponibili “Smart Pen” che aiuteranno a calcolare la dose necessaria d’insulina sia per i pasti che per correggere eventuali valori glicemici fuori target e sarà possibile connetterle al cellulare.
Un ulteriore modo di somministrare la terapia insulinica è tramite un microinfusore, uno strumento programmabile che infonde insulina in due diversi modi: in continuo e in bolo. L'infusione continua d'insulina, definita basale, può essere programmata variando la velocità di infusione, secondo le necessità di ciascun paziente.
I boli, invece, rappresentano l'infusione della quantità d'insulina desiderata in un periodo di tempo più o meno breve in coincidenza del pasto e/o per correggere un valore elevato di glicemia.
I microinfusori sono dotati di "calcolatori di bolo", che impostati inizialmente dal diabetologo curante, suggeriscono la dose insulinica esatta una volta che il paziente inserisce la quantità di carboidrati che si accinge a mangiare.
Da qualche anno sono disponibili microinfusori che, per ridurre le oscillazioni glicemiche, adattano automaticamente la velocità basale dell’insulina in funzione della lettura della glicemia fatta dal sensore del glucosio (continuous glucose monitoring).
Qualora poi non si raggiungesse in tal modo il target glicemico impostato, lo strumento eroga automaticamente piccoli boli di correzione. In caso di valori bassi della glicemia e anche in previsione di essi, il sistema ferma l’erogazione dell’insulina.
Pur essendo questi sistemi altamente automatizzati, non sono un vero pancreas artificiale, per cui il paziente deve ancora somministrare i boli dei pasti, facendo il conteggio dei carboidrati che andrà ad assumere, deve gestire l’attività fisica e deve intervenire per correggere valori glicemici troppo elevati per le possibilità di correzione del microinfusore.
Per capire se la terapia è adeguata è necessario controllare più volte al giorno i valori glicemici. Questo può essere fatto con piccoli apparecchi detti glucometri, che con una microgoccia di sangue, in pochi secondi danno il valore della glicemia, oppure con sensori sottocutanei che leggono in continuo la glicemia, consentendo di vederne sia il valore istantaneo che la variazione nel tempo attraverso un grafico e delle frecce che ne indicano la velocità di salita o di discesa.
I sensori inoltre possiedono allarmi che si attivano sia in caso di ipo che di iperglicemia. Tutto ciò può essere visualizzato anche in remoto da un cellulare.
L’uso di questi dispositivi permette di ridurre il peso del monitoraggio e soprattutto rende più semplice la gestione del diabete in ambito scolastico. Per contro è necessario che gli utilizzatori di questi strumenti abbiano una buona formazione per poterli utilizzare al meglio e non sentirsi sopraffatti dalla numerosità dei dati visibili in continuo 24 ore su 24.
Un altro elemento fondamentale nella gestione della terapia è l'alimentazione che, contrariamente a quanto si crede, non deve essere diversa da quella seguita da un bambino senza diabete che si alimenti correttamente.
Oltre a seguire le regole di una sana alimentazione, è fondamentale imparare a calcolare correttamente la quantità di carboidrati da assumere, perché questo consente di adeguare in modo più preciso la dose d'insulina da somministrare in corrispondenza del pasto e di minimizzare le variazioni della glicemia.
Ulteriore, importante tassello è l'attività fisica, che va senz'altro incoraggiata e praticata regolarmente.
Un adeguato controllo della glicemia, mantenuta il più possibile entro i limiti stabiliti, è un fondamentale fattore protettivo per quanto riguarda lo sviluppo delle complicanze del diabete, complicanze che nel diabete mellito di tipo 1 sono dovute ad alterazioni dei piccolissimi vasi sanguigni (microcircolo) e che coinvolgono principalmente la retina (retinopatia), il rene (nefropatia) e i piccoli rami nervosi (neuropatia).
Le migliori possibilità terapeutiche e lo sviluppo di tecnologie che semplificano la gestione della malattia, hanno contribuito a migliorare il controllo glicemico e a ridurre l'incidenza delle complicanze rispetto al passato, come dimostrano gli ultimi dati pubblicati.
Ci sono inoltre prove scientifiche che non solo il controllo glicemico, ma anche più in generale una corretta alimentazione che assicuri un livello adeguato di lipidi (grassi) nel sangue, è un altro importante fattore protettivo.
La gestione del diabete impone l'acquisizione di nozioni e abilità nuove, porta alla riorganizzazione di abitudini e di ruoli all'interno della famiglia e a una diversa interazione con i contesti sociali.
È necessario quindi un percorso di adattamento, che in età pediatrica dovrà tenere conto delle varie tappe di sviluppo del bambino. L'educazione è lo strumento che permette ai pazienti di vivere in maniera ottimale con la malattia, raggiungendo una buona qualità di vita e un'adeguata autostima.
L'educazione, essa stessa terapeutica, è un processo continuo, integrato nella cura, che deve essere portato avanti da un team curante formato e competente.
Iscriviti alla newsletter per ricevere i consigli degli specialisti del Bambino Gesù.