La rabbia è una malattia infettiva degli animali trasmissibile all'uomo (zoonosi) che colpisce il sistema nervoso centrale dei mammiferi e riveste un notevole impatto in sanità pubblica poiché non esiste terapia dopo la comparsa dei sintomi.
Il virus della rabbia è un Lyssavirus, della famiglia Rhabdoviridae. La trasmissione avviene a seguito di contatto con la saliva di animali infetti sia domestici che selvatici, quindi tramite morsi, ferite, graffi, lambitura di cute non integra (con abrasioni o ferite) e di mucose. In Europa gli animali più frequentemente infetti sono la volpe, il cane e il gatto.
La malattia ha un periodo d'incubazione che può variare da alcuni giorni fino ad anni. Mediamente, però, la sintomatologia si manifesta in un intervallo di tempo che va da 3 a 8 settimane, in dipendenza dalla carica virale al momento dell'infezione, dalla localizzazione e dalla gravità della lesione cutanea.
Subito dopo l'infezione, il virus della rabbia entra in una fase di eclissi durante la quale non è facilmente identificabile.
In questa fase il virus si moltiplica nel tessuto muscolare.
Dopo un periodo variabile da alcuni giorni a mesi, il virus raggiunge i nervi periferici e da qui il sistema nervoso centrale (SNC).
All'interessamento del sistema nervoso centrale (SNC), segue la comparsa dei sintomi clinici e successivamente il virus si distribuisce nei tessuti attraverso i nervi periferici (diffusione centrifuga): a questo punto, il virus si ritrova nel tessuto nervoso, nelle ghiandole salivari, nella saliva e nel liquido cefalorachidiano.
Inizialmente (fase prodromica), per un periodo di 2-10 giorni, compaiono sintomi poco specifici come febbre, mal di testa, malessere, inappetenza, vomito nonché prurito, intorpidimento e formicolio nella sede del morso.
In seguito si manifestano i sintomi più tipici della malattia. I bambini manifestano difficoltà di deglutizione con "bava alla bocca", legata alla difficoltà di deglutire la saliva e paura dell'acqua (idrofobia).
In alcuni casi prevale l'agitazione e il disorientamento mentre in altri si manifesta paralisi. L'evoluzione è verso il coma e la morte che solitamente sopraggiunge in circa 6 giorni, di solito per paralisi respiratoria
La diagnosi della rabbia basata esclusivamente sui sintomi e sulla visita non è affidabile. La diagnosi definitiva può essere fatta solo con l'aiuto degli esami di laboratorio.
Un test solo non è sufficiente. I test vanno condotti su campioni di saliva, sul sangue, sul liquor cefalorachidiano (quello che si ottiene con la puntura lombare) e su biopsie della pelle.
Il virus o il suo materiale genetico possono venir ricercati nella saliva mentre nel sangue e nel liquido cefalorachidiano si ricercano gli anticorpi diretti contro il virus della rabbia.
Gli antigeni del virus possono venir ricercati nelle biopsie.
La diagnosi post-mortem è effettuata sul sistema nervoso centrale (SNC) e prevede come test di elezione l'immunofluorescenza diretta e l'isolamento del virus.
Lavaggio accurato della ferita (ad esempio del morso), vaccinazione e somministrazione di immunoglobuline dirette contro il virus della rabbia sono gli strumenti efficaci di cui disponiamo per prevenire la malattia.
Il lavaggio immediato della ferita con acqua e sapone per almeno 15 minuti, seguito da disinfezione con alcol oppure tintura o soluzione acquosa di iodio, è uno degli strumenti più efficaci per la prevenzione della rabbia.
Il bambino va quindi subito accompagnato al più vicino pronto soccorso in modo che il medico possa decidere sulla opportunità di somministrare l'anticorpo specifico contro il virus della Rabbia (Immunoglobuline anti-rabbiche) e di iniziare la vaccinazione con il vaccino anti-rabbico che verrà poi somministrato nuovamente dopo 3, 7, 15 e 30 giorni.
L'efficacia del vaccino dipende dal lungo periodo di incubazione della rabbia che permette al vaccino di attivare una risposta immunitaria efficace prima che il virus possa provocare la malattia.
La prevenzione nei confronti della rabbia si basa sulla vaccinazione preventiva degli animali domestici, sulla lotta al randagismo e su altri provvedimenti finalizzati a impedire contatti a rischio con le popolazioni selvatiche.
Devono essere sicuramente sottoposti a vaccinazione: i cani e i gatti domestici, gli animali domestici condotti al pascolo o che comunque si spostano nei territori a rischio.
Oltre agli interventi di prevenzione destinati agli animali domestici, è indispensabile, nelle aree infette e nelle aree a rischio, predisporre e realizzare programmi pluriennali di vaccinazione orale delle volpi, che andranno realizzati fino all'eradicazione dell'infezione e per almeno due anni successivi all'ultimo caso di rabbia riscontrato.
Nell'uomo, la prevenzione della malattia si basa sulla vaccinazione preventiva di chi svolge attività professionale "a rischio specifico" (veterinari, guardie forestali, guardie zoofile, guardie venatorie ecc.).
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