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Megacolon congenito agangliare o malattia di Hirschsprung

Malattia congenita che rende molto difficile l'evacuazione delle feci. Va corretta con un intervento chirurgico fin dalle prime ore di vita. I risultati dell'intervento sono eccellenti 

La malattia di Hirschsprung - o megacolon congenito agangliare - è una malattia congenita del colon (ultima parte dell’intestino detta anche grosso intestino) presente già alla nascita, causata da un difetto di innervazione che si manifesta con una forte difficoltà nell’evacuazione delle feci.

È causato da un arresto nello sviluppo e nella migrazione delle cellule nervose gangliari. Queste cellule migrano dal tratto iniziale dell'apparato digerente (esofago) e raggiungono progressivamente gli altri tratti dell'intestino, fino alla parte più distante, il sigma-retto.
Più precoce è l'arresto di migrazione durante la fase di sviluppo embrionale e più lunga sarà la porzione d’intestino priva di cellule nervose.
L ecellule nervose dette cellule gangliari sono contenute normalmente nella parete intestinale del colon che è l’ultima parte dell’intestino, detta anche grosso intestino. La loro funzione è di provocare il movimento dell’intestino (peristalsi), che nel colon permette alle feci di essere evacuate.

La parte più frequentemente interessata (circa il 75% dei casi) è quella terminale che arriva all’ano e che si chiama retto-sigma. L’assenza di cellule gangliari porta a paralisi, ad immobilità del tratto coinvolto. A causa di ciò, il colon nel tratto che precede la parte priva di cellule gangliari non riesce a far procedere le feci, che si accumulano dentro di esso con conseguente progressiva dilatazione (megacolon). I neonati che presentano un megacolon congenito hanno quindi difficoltà ad evacuare spontaneamente.

Di questo problema è affetto circa un neonato su 5.000.
Nella gran maggioranza dei casi il megacolon non è una malattia ereditaria.
Tuttavia sono note alcune forme, specie nei casi in cui il segmento "agangliare" è molto lungo, in cui è presente una familiarità che può giungere fino alla terza generazione (bisnonno, nonno, nipote). La forma ereditaria, circa l’8-10% dei casi, oltre a colpire un tratto di colon generalmente più lungo si associa spesso ad altre malattie.

I bambini con megacolon sono spesso neonati a termine, di peso normale e senza altre malformazioni. L'unico sintomo iniziale può essere rappresentato da un ritardo di emissione del meconio (le prime feci) di oltre 24 o addirittura 48 ore.
In una percentuale variabile può essere associato ad alcune sindromi come nella sindrome di Down (circa 10% dei casi), o rappresentarne uno degli elementi caratteristici (S. di Ondine, S. Waardenburg, S. di Mowat Wilson). 
Raramente si associa ad altre anomalie dell'apparato gastrointestinale (circa 2% dei casi).

Il quadro clinico più tipico è caratterizzato dalla mancata evacuazione spontanea delle prime feci (meconio) nell'arco delle prime ventiquattro ore di vita. La pancia si gonfia progressivamente. Man mano che le feci si accumulano, il neonato rifiuta il cibo e può comparire il vomito, inizialmente alimentare (latte) e poi verde biliare.
In altre situazioni, più subdole ma fortunatamente più rare, dopo un primo periodo di benessere il bambino può presentare distensione addominale progressiva emettendo scarse feci (spesso tracce), seguito da uno stato di malessere generale su base "infettiva" legata alla crescita dei batteri contenuti nelle feci che stagnano nel colon. Tale condizione si definisce enterocolite ed è caratterizzata da condizioni generali scadenti, a volte febbre, addome disteso ed emissione sotto stimolo di feci molto maleodoranti solitamente di colore grigio (tipo sabbia fine) molli o liquide.
In ogni caso quando un neonato ha una mancata o difficile evacuazione del meconio nelle prime 24-48 ore di vita, deve essere presa in considerazione un’eventuale diagnosi di megacolon agangliare.

La diagnosi nel neonato è effettuata in ospedale. 
Inizialmente si eseguono esami del sangue e indagini strumentali radiologiche (clisma opaco) per escludere altre patologie che possono manifestarsi nello stesso modo del megacolon (ad esempio l’ipotiroidismo congenito o la fibrosi cistica). Una volta escluse altre malattie, per fare la diagnosi, l'esame più sensibile e specifico è la biopsia rettale "per suzione". È una procedura mininvasiva fatta al letto del paziente che consiste nel prelievo di due frammenti di mucosa e sottomucosa (le cellule che ricoprono l’intestino) del retto (ultima parte dell’intestino subito sopra l’ano) mediante una pinza appositamente dedicata. L’analisi al microscopio (istologica) dei frammenti dirà se il quadro è compatibile o meno con la diagnosi di megacolon agangliare.

Il megacolon può essere curato chirurgicamente con risultati anche ottimi nella maggioranza dei casi, spesso già in epoca neonatale.
Si interviene chirurgicamente una volta confermata la diagnosi. Non esistono dunque, di fronte alle forme più frequenti di megacolon congenito isolato, limitazioni di peso o età per l'effettuazione dell'intervento chirurgico.
Costituiscono una rara eccezione, le assenze di gangli che interessano una parte molto estesa dell'intestino (rarissime situazioni vedono coinvolto tutto il colon o quasi l'intero intestino). In questi casi gli interventi sono condotti in tappe multiple, secondo la quantità d’intestino coinvolto, per evitare o limitare importanti conseguenze che possono arrivare fino alla "insufficienza intestinale", cioè all’incapacità di utilizzare l’intestino per nutrirsi.

Le tecniche operatorie devono quindi essere adattate a seconda della lunghezza del segmento di intestino malato, ma sono oggi ispirate alla minima invasività chirurgica (nella maggioranza dei casi l'intervento può essere effettuato per via anale senza accesso chirurgico all'addome, neppure laparoscopico mininvasivo).
Il tratto di colon, privo di cellule nervose e quindi malato, è asportato chirurgicamente e quello sano portato (tecnicamente si dice "abbassato") a livello dell'ano. Presso l’Ospedale Bambino Gesù, questo intervento viene oggi eseguito nella maggior parte dei casi solo per via transanale, senza dover ricorrere a un accesso chirurgico addominale.
Solo in casi particolari, come in presenza di perforazioni intestinali o gravi infezioni (enterocoliti/megacolon tossico) o quando l'assenza delle cellule nervose interessa tutto il colon o l’intestino tenue, può essere necessaria la realizzazione di un ano artificiale (colostomia o ileostomia) temporaneo. Questo permette al neonato di superare la situazione critica immediata, crescere, rientrare spesso a casa, per poi realizzare in un secondo tempo e in sicurezza gli interventi di asportazione o di adattamento.

Dopo massimo quarantotto ore di digiuno, il neonato inizia una ri-alimentazione progressiva, se possibile al seno.
La terapia antibiotica, per via endovenosa, dura pochi giorni ed è accompagnata inizialmente da una terapia analgesica per controllare il dolore post-operatorio. La dimissione, nei casi non complicati, avviene in media 7 giorni dopo l'intervento.

I genitori, una volta dimessi, hanno gli stessi impegni che avrebbero nei confronti di un neonato non operato: controllano se si alimenta volentieri, se cresce, se la pancia rimane morbida e se il neonato evacua feci regolarmente.
Tuttavia hanno a disposizione tutti i numeri telefonici di riferimento, in caso avessero dei quesiti da porre.
Il bambino sarà seguito con controlli cadenzati mediante day-hospital (valutazione multidisciplinare che solitamente dura una giornata) o visite ambulatoriali dedicate. Presso l'Unità Operativa di Chirurgia Neonatale è stato istituito un ambulatorio specificatamente dedicato ai bambini operati di megacolon congenito cui afferisce di solito lo stesso personale medico per assicurare la continuità delle cure. I controlli seguono un calendario codificato e con frequenza a scalare con il passare del tempo.

Le complicanze sono rare. Nel primo periodo postoperatorio possono comparire infezioni della ferita chirurgica e la dermatite perianale dovuta alla ripresa del transito spontaneo delle feci che inizialmente possono essere più acide. Il suo trattamento consiste nell’applicare a livello perianale (intorno all’ano) delle pomate che proteggono e idratano la cute.
La sutura a livello anale può, nei mesi che seguono l’intervento, restringersi creando delle difficoltà nell’evacuazione delle feci (stenosi).
Per evitare la stenosi, i genitori eseguiranno dalla seconda settimana postoperatoria e per i primi mesi, delle calibrazioni (una sorta di dilatazione) della cicatrice anale. Tale manovra, indolore e ben tollerata dal bambino, sarà appresa durante la visita ambulatoriale postoperatoria di controllo.
Alcuni pazienti, nei mesi che seguono l’intervento, possono presentare degli episodi di "enterocolite" postoperatoria (infezione del colon e diarrea) che nella maggior parte dei casi rispondono bene alla terapia antibiotica per bocca. A lungo termine queste infezioni solitamente non si presentano più.

La qualità di vita del bambino sarà buona, qualora il tratto malato non sia eccessivamente lungo.
I neonati curati per megacolon crescono bene, con peso e altezza talora solo di poco inferiori agli standard di riferimento. 

Megacolon congenito agangliare: Codice RN0200
Sinonimi: malattia di Hirschsprung


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  • A cura di: Pietro Bagolan, Fabio Fusaro
    Unità Operativa di Neonatologia Medica e Chirurgica
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 02 novembre 2021


 
 

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