Il cytomegalovirus umano (CMV) è un virus appartenente alla famiglia degli Herpesvirus, è diffuso in tutto il mondo e interessa gran parte della popolazione generale. In Italia una percentuale compresa tra il 60 e l’80% degli adulti sani hanno gli specifici anticorpi contro il CMV, il che dimostra che in qualche momento della loro vita l'hanno contratto, pur senza sintomi evidenti. In gravidanza il CMV è pericoloso, perché può essere trasmesso al feto, determinando dei danni acuti e cronici, a volte anche molto gravi.
L'infezione congenita da CMV è la più comune infezione congenita in tutto il mondo, con un'incidenza stimata, nei paesi sviluppati, che varia dallo 0,6% allo 0,7% di tutti i nati vivi, risultando in circa 60.000 neonati ogni anno con infezione congenita da CMV negli Stati Uniti e in Europa.
Con infezione primaria si intende la prima volta che si contrae l’infezione da CMV.
Dopo la risoluzione della fase acuta, il CMV rimane allo stato latente all'interno dell'organismo, vale a dire che c'è ma non è rilevabile perché controllato dal sistema immunitario, potendo riattivarsi, con o senza sintomi, in momenti di stress psicologico e/o fisico della persona.
Siamo abituati a vedere questa modalità di comportamento nell'Herpes labiale, che ogni tanto compare sulle labbra e il cui agente responsabile è un altro membro della famiglia degli Herpes virus. Questa riattivazione prende il nome di infezione secondaria.
Durante la gravidanza le donne vanno incontro a una naturale immunodepressione, perché questo protegge il feto (si tratta sempre di un “essere estraneo dal punto di vista biologico” che cresce e si sviluppa all’interno del corpo materno).
Pertanto è più facile che malattie molto diffuse nella popolazione o virus allo stato di “riposo” nell'organismo possono infettare la mamma in attesa o riattivarsi se presenti.
L’infezione si contrae per contatto con fluidi biologici contaminati (saliva, sangue, urine, etc). In particolare sono a rischio di infezione primaria le gravide che hanno contatti frequenti con bambini al di sotto dei 3 anni, perché già mamme o per motivi lavorativi (maestre, educatrici, etc).
L’infezione primaria in gravidanza nel 25%-50% avviene senza alcun sintomo. Nella restante parte dei casi, i sintomi sono aspecifici (febbre, astenia, cefalea, manifestazioni simil-influenzali o simil-mononucleosi)
In caso di infezione primaria in gravidanza il rischio di trasmissione al feto è del 30-35%in caso di infezione secondaria del 1-2%.
Il tasso di trasmissione verticale aumenta all’aumentare dell’età gestazionale ma il rischio di danni fetali si riduce con l’aumentare dell’età gestazionale.
I possibili danni al feto e gli esiti patologici a distanza sono tanto più seri quanto più precoce è l’epoca di gestazione in cui l’infezione compare nella mamma. Se l’infezione materna viene contratta prima delle 13 settimane di gestazione le probabilità di danno in utero, di sintomi alla nascita e di esiti a distanza sono maggiori.
Nel caso in cui il CMV venga trasmesso al feto il 10-15% dei neonati presenterà dei sintomi d’infezione alla nascita, mentre gli altri saranno asintomatici.
Dei bambini che nascono con infezione congenita senza sintomi (l’85-90% di tutti i bambini con infezione congenita da CMV) l’8-10% svilupperà sintomi in epoche successive della vita, principalmente legati all’udito.
I sintomi alla nascita sono molto variabili, i più frequenti sono: alterazioni del fegato, della milza, anemia, riduzione dei globuli bianchi e/o delle piastrine, alterazioni cerebrali, microcefalia, alterazioni oculari e ipoacusia.
Una parte dei neonati con sintomi alla nascita potrà presentare degli esiti permanenti dell’infezione come ad esempio ritardo neurocognitivo, disturbi dell’udito o della vista.
In primo luogo è importante rispettare alcune semplici norme di prevenzione:
- Lavaggio accurato delle mani (soprattutto dopo cambi pannolino o nella cura dell’igiene nasale del bambino);
- Evitare baci sulla bocca e la condivisione di cibi, bevande, utensili;
- Lavare frequentemente giocattoli e superfici varie (es seggiolone, box, passeggino) con acqua e sapone.
Il Cytomegalovirus viene infatti eliminato con le urine e la saliva nelle persone che hanno o hanno avuto l’infezione, anche per alcuni mesi.
Dal dicembre 2023 l’Istituto Superiore di Sanità raccomanda di effettuare lo screening sierologico per il CMV alla prima visita in gravidanza e comunque entro il primo trimestre.
Un test che mostra IgG e IgM negative documenta una situazione di suscettibilità perché la mamma non ha mai contratto l’infezione: sarà particolarmente importante aderire alle norme di prevenzione igienico-sanitarie e ripetere il test ogni 4-6 settimane almeno fino alla 24 settimana di gestazione per diagnosticare precocemente l’infezione e poterla trattare.
Un test che mostra IgG positive e IgM negative documenta una situazione di immunità che, come spiegato, è sufficientemente protettiva, ma non impedisce però riattivazioni dell’infezione o nuove infezioni da ceppi virali diversi dal primo.
Pertanto in caso di positività degli anticorpi Immunoglobuline G (IgG) e negatività degli anticorpi immunoglobuline M (IgM), anche se l’indicazione attuale è quella di non ripetere il test di routine, può essere opportuno ripeterlo ogni due-tre mesi, perché una riattivazione/reinfezione potrebbe determinare un aumento del livello di IgG e/o una positivizzazione delle IgM e potremo valutare subito il bambino alla nascita con un semplice esame delle urine e della saliva, per capire se ha contratto l’infezione in utero e deve essere seguito con più attenzione.
Se al primo test dovessero risultare positive sia le IgG che le IgM saranno necessari ulteriori test per inquadrare meglio la data della infezione primaria (IgG avidity test e/o PCR per CMV su sangue e/o urine e/o saliva dopo la nascita, se avrà contratto l’infezione.
Il Cytomegalovirus si cura con i farmaci antivirali, che vengono prescritti alla gravida in caso di infezione primaria entro la 24 settimana di gestazione con lo scopo di prevenire la trasmissione al feto, alla gravida con amniocentesi positiva per CMV come terapia in utero del feto per ridurre gli eventuali sintomi alla nascita, al neonato con infezione sintomatica per ridurre l’entità della sintomatologia.
Alcuni ricercatori hanno inoltre ipotizzato una efficacia della somministrazione alla mamma di immunoglobuline specifiche contro il virus nella prevenzione dei danni fetali da Cytomegalovirus ma i dati a disposizione sono ancora molto controversi e attualmente le linee guida non prevedono di utilizzare questo tipo di terapia, la cui efficacia non è dimostrata.
La scelta migliore è sempre quella di affidarsi al proprio ginecologo e seguire attentamente le sue indicazioni.
Il servizio di diagnosi e trattamento antinfettivo in gravidanza è attivo presso l’Unità Operativa di Medicina e Chirurgia Fetale e Perinatale, le visite sono svolte da uno o più specialisti: ostetrico per la mamma, neonatologo, infettivologo e psicologo, che intervengono in relazione alle problematiche della mamma e del bambino in grembo o del neonato dopo la nascita.
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