Il sospetto di un'infezione urinaria è il motivo più frequente di ricorso alla consultazione dell'urologo pediatra.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il sospetto si rivela infondato, perché l’esame può risultare falsamente positivo per contaminazione del campione urinario, fenomeno per la cui comprensione è necessario un approfondimento relativamente alla corretta raccolta del campione di urine e l'interpretazione dei risultati.
Le infezioni urinarie vengono distinte in sintomatiche e non sintomatiche, febbrili e non febbrili, episodiche e ricorrenti.
Le infezioni urinarie febbrili e quelle ricorrenti rivestono una maggiore importanza clinica perché, se documentate con certezza, richiedono un approfondimento diagnostico dello specialista per escludere la presenza di una malformazioni sottostante delle vie urinarie, e in particolare la presenza di un reflusso vescico-ureterale.
I sintomi associati alle infezioni urinarie differiscono a seconda dell'età. Nel primo anno di vita prevalgono quelli generali, come la febbre e lo scarso accrescimento.
Nelle età successive, i sintomi si localizzano all'apparato urinario. Il bambino può lamentare bruciore alla minzione (l’atto di urinare), una frequenza aumentata di minzioni (pollachiuria), urgenza e perdita involontaria di urine.
La febbre, quando presente, è generalmente espressione di un coinvolgimento delle vie urinarie superiori (bacinetto urinario e uretere) e del rene. Anche in assenza di febbre elevata, il ripetersi dei sintomi può rappresentare un campanello d'allarme.
La prima cosa da fare è contattare il proprio pediatra.
La valutazione pediatrica può orientare verso una diagnosi di infezione urinaria, ma soprattutto consente di escludere altre possibili cause della sintomatologia riscontrata.
L’esame specifico per corroborare la diagnosi è l'esame delle urine.
In via teorica, l'esame delle urine è positivo quando vi si riscontri la presenza di batteri nelle urine all'urinocoltura, un esame di laboratorio che permette di scoprire, individuare e contare i microbi presenti nelle urine.
L'esame è anche in grado di fornire a richiesta, la sensibilità del germe a una serie di antibiotici (antibiogramma). Il problema è che non di rado i batteri possono essere presenti nelle urine anche in assenza di una vera infezione.
L'urinocoltura, infatti, è un esame molto delicato che può essere fortemente condizionato da vari fattori ad incominciare dal metodo per la raccolta, conservazione e trasporto del campione urinario.
Per quanto concerne la raccolta del campione, esso dovrebbe essere idealmente raccolto dal mitto intermedio, cioè dopo aver scartato la prima parte delle urine che è contaminata dai microbi che si trovano normalmente sui genitali esterni e sullo sbocco dell'uretra.
Anche uno scrupoloso lavaggio prima della raccolta, pur essendo raccomandabile, non evita la possibilità di contaminazione. Nei bambini più piccoli, in particolare, questo metodo è impraticabile ed il campione urinario è raccolto con un sacchetto adesivo applicato direttamente sui genitali che nel bambino che ancora porti ancora il pannolino sono inevitabilmente contaminati dai germi fecali.
Per ovviare a questi problemi, la soluzione più radicale può essere il ricorso alla raccolta del campione attraverso il cateterismo. La procedura non azzera tuttavia il rischio di contaminazione, espone al rischio di traumatismi uretrali, e può essere molto mal tollerato dal paziente e dalla famiglia.
Per questi motivi, tale metodica dovrebbe essere eseguita solo in ospedale o in centri attrezzati e con esperienza nella gestione dei pazienti pediatrici.
Altro fattore critico per l’esito dell’urinocoltura, è il tempo che intercorre tra la raccolta del campione e l'allestimento della coltura in laboratorio. Un tempo maggiore di 20 minuti, specialmente in presenza di alte temperature, può determinare una proliferazione dei pochi microbi che eventualmente possono aver contaminato inizialmente il campione di urine.
Da quanto detto, emerge come l’urinocoltura presenti dei limiti e vada sempre interpretato contestualmente all'esame standard delle urine. Il parametro più attendibile, in quest’ultimo esame, è il numero dei globuli bianchi (leucociti) che si contano osservando al microscopio il sedimento urinario.
Un numero inferiore a 20-30 leucociti per campo microscopico, in età pediatrica, consente generalmente di escludere l'infezione urinaria. I leucociti non hanno la capacità di replicarsi fuori dall'organismo, essendo cellule ormai esaurite, e pertanto anche un ritardo dell'esame delle urine non ne influenza il numero.
L'esterasi leucocitaria è un enzima presente nei globuli bianchi. Se l'esame chimico delle urine è positivo per l'esterasi, significa che il numero di globuli bianchi è superiore al normale. I nitriti sono il risultato dell’azione di alcuni microbi (come l’Escherichia coli) sui nitrati di origine alimentare presenti nelle urine.
La presenza di nitriti e di flora batterica, tuttavia, non sono un segno sicuro d'infezione, per la possibilità che si siano moltiplicati "in provetta" microbi contaminanti (come può accadere con l'urinocoltura).
Se è vero che un'urinocoltura può fornire un risultato falsamente positivo per infezione, per i motivi che sono stati appena discussi (raccolta non corretta, ritardo nell’allestimento della coltura…), quando l’urinocoltura è negativa, l’infezione può essere ragionevolmente esclusa.
Eppure esiste un’eccezione, tutt’altro che rara: se il campione urinario viene infatti raccolto anche solo poche ore dopo la somministrazione di un antibiotico, quest’ultimo determina un potere antibatterico in circolo che può inibire lo sviluppo dei microbi in laboratorio.
Pertanto è molto importante che il campione di urine sia raccolto prima di iniziare una cura antibiotica, pena l’inattendibilità dell’urinocoltura.
Figura 1
Percorsi di Cura e Salute: le infezioni urinarie
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