L'epilessia viene definita come una malattia caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche e dalle conseguenze sul piano sociale che esse provocano. Ne soffre l'1% della popolazione.
Le crisi epilettiche si manifestano in forme differenti, legate a due principali fattori:
- All'età, in quanto il bambino, che ha un cervello ancora immaturo, presenta crisi diverse dall'adulto;
- Alla zona del cervello che dà origine alla crisi, in quanto, ad esempio, una crisi che interessa l'area che coordina i movimenti del braccio destro, provocherà movimenti anomali di questo arto, mentre una crisi che interessa nell'emisfero sinistro l'area che presiede alla vista causerà allucinazioni visive e ci farà deviare gli occhi verso destra.
Alla base della malattia vi è infatti una scarica elettrica abnorme di una zona più o meno vasta di neuroni cerebrali e la crisi, nella sua espressione clinica, rispetterà la funzione dell'area del cervello coinvolta. Ogni area del nostro cervello svolge infatti delle funzioni specifiche che conosciamo ormai da tempo.
Se la crisi interessa solo un'area ristretta di un emisfero cerebrale parliamo di crisi parziale o focale, se invece interessa contemporaneamente ambedue gli emisferi parliamo di crisi generalizzata.
Qualsiasi lesione cerebrale congenita, come le malformazioni e le patologie prenatali, o acquisita, come gli esiti dei traumi cranici o degli accidenti vascolari, può causare una irritazione che provoca poi le crisi epilettiche. Un terzo delle epilessie è invece dovuto a predisposizione genetica, in assenza perciò di una chiara lesione cerebrale. L'Epilessia si manifesta a tutte le età, anche se in oltre il 60% dei casi l'esordio avviene in età pediatrica.
Cardine della diagnosi e di una corretta terapia è l'Elettroencefalogramma, esame del tutto innocuo con cui registriamo l'attività elettrica cerebrale. Grazie a questa tecnica è possibile evidenziare l'anomalia nella funzione dell'attività elettrica cerebrale e capire di che tipo di crisi soffre il nostro paziente. Con il supporto di sistemi Video-EEG, ricorrendo ad esami di lunga durata (anche 2-3 giorni), possiamo anche registrare le crisi e, correlando la scarica elettrica patologica con il comportamento del paziente al momento della crisi, avere ulteriori informazioni.
In particolare, analizzando la sequenza degli eventi possiamo ipotizzare da quale area del cervello origina la crisi.
Gli esami radiologici come la TAC e soprattutto la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN), ci permettono in molti casi di capire quale sia la causa dell'Epilessia nel nostro paziente in quanto sono in grado di evidenziare la natura e la sede della lesione cerebrale.
Gli studi genetici ci permettono poi di individuare quelle mutazioni che ora sappiamo essere responsabili di alcune forme di Epilessia.
Fortunatamente alcune forme di Epilessia legate a predisposizione genetica, con esordio per lo più in età pediatrica, hanno un andamento benigno, in quanto tendono a guarire spontaneamente.
Un esempio: il così detto "Piccolo Male", chiamato scientificamente "Epilessia Assenza Infantile", esordisce nell'infanzia intorno ai 4-6 anni provocando perdite di coscienza molto numerose ogni giorno, le cosiddette assenze, che persistono per alcuni anni, per poi tendere a diradarsi fino a scomparire con l'avvicinarsi dello sviluppo puberale.
In questi casi le nostre terapie incidono poco sulla guarigione finale, mentre agiscono nel sopprimere le assenze nella fase in cui sono particolarmente frequenti; è chiaro infatti che presentare 30-40 episodi di assenza al giorno disturba notevolmente il bambino nelle sue attività scolastiche, sportive e sociali.
Con le varie terapie farmacologiche e nonostante una continua immissione sul mercato di nuovi farmaci, che per lo più hanno minori effetti collaterali rispetto ai vecchi, riusciamo ad ottenere un buon controllo delle crisi in circa il 65-70% dei casi. Queste terapie hanno però alcuni inevitabili effetti collaterali, primo fra tutti l'induzione di sonnolenza che nei bambini può venire ad incidere sull'attenzione e quindi sull'apprendimento scolastico.
Come in ogni branca della medicina, nel prescrivere una terapia dobbiamo sempre valutare quali siano i benefici ed i rischi per il paziente. Per prendere in considerazione la sospensione della terapia occorre attendere almeno due anni dall'ultima crisi. L'obiettivo del nostro intervento terapeutico mirerà ad ottenere il massimo sollievo dalle crisi, tenendo sempre presente quale ne sia il reale impatto sulla vita quotidiana del paziente, minimizzando gli effetti collaterali, in particolare l'influenza sugli aspetti cognitivi e sociali specie nell'età dello sviluppo.
Dobbiamo infine ricordare che l'epilessia è una malattia nei confronti della quale esiste ancora un forte pregiudizio a livello scolastico, nel mondo del lavoro, nello sport. Per tali ragioni pazienti e familiari vanno spesso sostenuti sul piano psicologico.
Un terzo dei pazienti è resistente al trattamento farmacologico e può presentare crisi anche molto frequenti, perfino pluriquotidiane, con rilevanti conseguenze negative sullo sviluppo psicomotorio. In questi pazienti si utilizzano trattamenti alternativi ai classici farmaci antiepilettici. I pazienti affetti da Epilessia focale farmacoresistente portatori di una lesione cerebrale circoscritta, asportabile chirurgicamente, possono giovarsi del trattamento neurochirurgico. Tali pazienti dovranno percorrere un iter pre-chirurgico che presuppone una precisa definizione dell'area epilettogena con l'ausilio di sofisticati e prolungati esami video-EEG.
Nei casi in cui l'asportazione dell'area epilettogena non causerà al paziente deficit neurologici, si potrà procedere all'intervento neurochirurgico con probabilità di successo molto elevate. Purtroppo solo il 10-15% dei pazienti farmacoresistenti può essere trattato chirurgicamente.
Nei casi non trattabili chirurgicamente, si può ricorrere all'impianto dello Stimolatore del Nervo Vago, una specie di pace-maker che viene applicato sottocute in sede sternale e collegato con un sottilissimo cavo al nervo vago all'altezza del collo. La stimolazione del nervo provocherà una diminuzione della ipereccitabilità cerebrale e quindi farà diminuire la tendenza ad avere crisi. Questo approccio non farmacologico è particolarmente interessante e potrebbe fare aprire in futuro nuovi orizzonti. Le percentuali di successo sono intorno al 30-40% dei casi.
Nei pazienti pediatrici farmacoresistenti si può ricorrere alla Dieta Chetogenica, una dieta basata su una alta percentuale di grassi a scapito di carboidrati e proteine. I comuni regimi alimentari abitualmente sono costituiti da una percentuale di circa il 50% di carboidrati, 30% di grassi e 20% di proteine.
Nella dieta chetogenica la percentuale di grassi può arrivare fino al 90% ed il resto essere diviso tra proteine e carboidrati. Ad eccezione di alcuni bambini che presentano un particolare difetto genetico per cui solo la dieta chetogenica può controllare le crisi e gli altri sintomi neurologici, l'applicazione di tale dieta a bambini con Epilessia resistente ha dato risultati molto incoraggianti con percentuali di successo, cioè di significativa riduzione del numero delle crisi intorno al 60% dei casi, e con alcuni pazienti completamente liberi da crisi.
In caso di crisi convulsiva, la cosa migliore da fare è mantenere la calma e evitare interventi inappropriati.
Alcune indicazioni:
- Nel caso in cui il bambino sia caduto per la convulsione, evitare che la nuova postura diventi pericolosa per via della crisi (posizionare un cuscino sotto la testa o comunque evitare che la testa batta ripetutamente sul pavimento o contro ostacoli);
- Ruotare il bambino su un fianco per permettere alla saliva che si può eventualmente accumulare nella bocca di defluire spontaneamente;
- Non cercare di aprire la bocca (la lingua non viene inghiottita!) poiché la contrazione dei muscoli mascellari in genere è tale da non permettere l'apertura della bocca, e ogni tentativo in questo senso potrebbe comportare un morso al dito introdotto o la rottura dei denti del bambino;
- Non cercare di rianimare il bambino con inappropriate respirazioni assistite o inappropriati massaggi cardiaci. La crisi, così come è venuta, recede spontaneamente entro pochi minuti.
In caso di crisi epilettica senza manifestazioni motorie di tipo convulsivo:
- Evitare interventi inopportuni;
- Non spaventare ulteriormente il bambino con il proprio stato di agitazione (se il bambino non perde coscienza durante la crisi).
- Tranquillizzarlo, confortarlo e rassicurare anche gli astanti.
Nel caso in cui si è avuta dai medici l'istruzione della somministrazione di una benzodiazepina (Diazepam per via rettale o Midazolam per via oromucosale) aspettare comunque qualche minuto, poiché nel 90% dei casi le crisi durano 1 o 2 minuti e recedono spontaneamente senza bisogno di terapie.
È importante osservare la crisi epilettica nel suo svolgimento prestando particolare attenzione ad esempio ad eventuali segni focali come la deviazione degli occhi da un lato o la presenza di scosse più su un lato del corpo che sull'altro.
Riferire questi elementi al medico curante può aiutare il medico a classificare la crisi e impostare una giusta terapia.
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