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Vitrectomia in casi speciali

Questo trattamento viene proposto per alcune malattie in particolare come per l'Emovitreo e la Ialosi Asteroide 

Si tratta di una rara malattia oculare congenita caratterizzata dalla mancate trazioni retiniche e distacco di retina, regressione del vitreo primario e della vascolarizzazione ialoidea. In rapporto alle strutture oculari coinvolte si distinguono una forma anteriore, una posteriore e una completa. La forma anteriore corrisponde a tessuto fibrovascolare adeso al cristallino e ai processi ciliari.
La forma posteriore consiste in un cordone fibrovascolare vitreale che emerge dal nervo ottico e decorre anteriormente. Nella forma completa i due quadri si associano.

Si tratta di un intorbidamento emorragico del corpo vitreo. Può essere dovuto a trauma o può insorgere spontaneamente.
Le cause principali di emovitreo spontaneo sono: il diabete, l'ipertensione arteriosa, le malattie vascolari della retina, le rotture retiniche e le membrane neovascolari sottoretiniche.

Si tratta della presenza nel corpo vitreo di piccole opacità sferiche giallo-biancastre (corpi asteroidi) di aspetto cristallino e composti prevalentemente da grassi e sali di calcio. Corrisponde ad un processo di invecchiamento del collagene vitreale.

Si tratta della presenza nel corpo vitreo di una moltitudine di opacità puntiformi brillanti che si muovono in conseguenza dei movimenti dell'occhio. Questi corpuscoli vitreali sono formati da colesterina, lipidi ed altre sostanze (colesterolosi del bulbo). Si possono distinguere una forma idiopatica (senza cause note o dimostrabili), probabilmente legata alla senescenza, e una forma secondaria dovuta ad infiammazioni e/o emorragie del vitreo.

Perché queste malattie sono responsabili di una compromissione funzionale dell'occhio e dell'insorgenza di complicanze secondarie a carico di altri distretti oculari (cornea, cristallino, corpi ciliari, retina). L'intervento chirurgico rappresenta l'unica terapia possibile per queste malattie.

L'intervento viene effettuato con il paziente in posizione supina, in un ambiente chirurgico sterile, utilizzando il microscopio. È un atto chirurgico maggiore poiché il corpo vitreo viene rimosso (vitrectomia). Preventivamente può essere necessario applicare un cerchiaggio del bulbo dall'esterno. Può essere necessario clivare e distaccare dalla superficie della retina membrane con l'aiuto di microstrumenti. La difficoltà di questa asportazione non può essere valutata perfettamente prima dell'operazione. Inoltre, durante l'intervento chirurgico, può rendersi necessaria l'utilizzazione di coloranti (verde indocianina, membran blue, triamcinolone ed altri coloranti) per evidenziare strutture epiretiniche altrimenti non rimuovibili. Può capitare che non sia possibile asportare tutte le membrane in toto, pena il rischio di causare lesioni gravi alla retina. Durante l'intervento può rendersi necessaria l'immissione nella cavità vitreale di aria, gas, perfluorocarbonati liquidi, olio di silicone o altri tamponanti che possono anche essere lasciati nella suddetta cavità a fine intervento, come mezzo tamponante. L'uso di tali mezzi non è scevro da complicanze, ma possono essere utilizzati a giudizio esclusivo ed insindacabile del chirurgo. Può essere necessario il trattamento di eventuali lesioni retiniche mediante laser o crioterapia. In alcuni casi può essere necessario espiantare il cristallino naturale o artificiale. Il chirurgo può essere portato in qualunque momento a modificare il piano iniziale.

È necessaria l'immobilizzazione del paziente durante l'intervento chirurgico.

L'occhio può essere reso insensibile ed immobile con iniezioni peribulbari o retrobulbari in presenza di collaborazione del paziente. Nei bambini si preferisce effettuare l'intervento in anestesia generale.

Il recupero dell'acutezza visiva è progressivo e può anche essere nullo, scarso o incompleto. L'entità di visione recuperabile con l'intervento dipende molto dalle preesistenti condizioni generali dell'occhio, in particolare della retina, del nervo ottico e della cornea; quindi, la presenza di una lesione in queste strutture, provocata dalla malattia, può limitare il recupero visivo derivante dall'intervento (in proporzione all'entità della lesione).

Il paziente deve ricordarsi che, anche a guarigione avvenuta, l'occhio va periodicamente controllato dall'oculista; nei mesi e negli anni successivi all'intervento, deve quindi sottoporsi ad alcuni periodici controlli che verranno progressivamente diradati. Può anche essere necessario ripetere l'intervento.

Anche questo intervento non sfugge alla regola generale secondo la quale non esiste chirurgia senza rischi. Non è possibile per l'oculista garantire in modo formale il successo dell'intervento o l'assenza di complicanze. Le complicanze, in casi estremi, possono portare anche alla perdita funzionale dell'occhio, se non addirittura alla perdita anatomica dello stesso. Le complicanze si distinguono in preoperatorie, intraoperatorie e postoperatorie. 

 

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  • A cura di: Luca Buzzonetti, Paola Valente
    Unità Operativa di Oculistica
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 07  Febbraio 2022 


 
 

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