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Balbuzie (se il bambino balbetta)

Incertezze, esitazioni, improvvisi arresti nel modo di pronunciare le parole 

La balbuzie, o Disturbo della fluenza ad esordio infantile (DSM-5-TR), è un disturbo della comunicazione verbale caratterizzato da alterazioni del ritmo della parola, dette disfluenze.

Il linguaggio diventa meno fluente e difficoltoso a causa di arresti, ripetizioni e prolungamenti involontari di un suono. Le cause della balbuzie evolutiva sono multifattoriali ed includono fattori genetici e neurofisiologici.

La frequenza della balbuzie in tutto il mondo varia dal 5% all’8%, con una maggiore probabilità nei maschi rispetto alle femmine, che varia a seconda dell’età. I primi sintomi vengono solitamente osservati nei primi anni di vita, in media intorni ai 3 anni, subito dopo che il linguaggio comincia a svilupparsi.

Le disfluenze sono prolungamenti o ripetizioni del parlato che non necessariamente sono indici di balbuzie. A volte il bambino di età inferiore a quattro anni che sta sviluppando il linguaggio, riesce a farsi capire ma il suo discorso può presentare esitazioni, prolungamenti di sillabe e di suoni o ripetizioni di intere parole. A questa età, la balbuzie è del tutto normale: riguarda circa il 10% dei bimbi e di solito scompare spontaneamente.

Ciò che distingue le disfluenze del balbuziente dalle normali disfluenze del bambino non-balbuziente è un insieme di caratteristiche legate alla frequenza, alla collocazione e alla durata della disfluenza. Ad esempio, le ripetizioni e i prolungamenti di parti di parola sono molto più frequenti delle pause e delle revisioni di frase nel balbuziente.

Inoltre il bambino con balbuzie balbetta più spesso all'inizio della frase e la durata di ripetizioni e prolungamenti è superiore alle due volte per ciascuna unità (es. "pa-pa-pa-parola" invece di "pa-parola").

La balbuzie nei bambini si presenta più frequentemente con contrazioni anomale di vari gruppi muscolari, soprattutto quelli che servono per pronunciare suoni e parole.

Queste contrazioni si manifestano quando il bambino desidera o comincia a parlare, soprattutto all'inizio della frase o nel caso di parole lunghe. Si possono inoltre osservare alcuni atti motori, come tic, tremori delle labbra o del viso, battiti delle palpebre, spasmi della testa, pugni serrati, che accompagnano la balbuzie.

Non meno importanti sono le cosiddette caratteristiche secondarie, vale a dire tutti quei comportamenti che il bambino mette in atto per evitare di balbettare: questi variano dalla semplice sostituzione di “parole di cui si ha paura” (perché potrebbero portare al balbettio) fino all’isolamento sociale, al fine di evitare scambi comunicativi con gli altri, per esempio parlare in pubblico o sostenere un’interrogazione orale.

Chi balbetta presenta un rischio maggiore dei parlatori fluenti di inibizione nelle relazioni, di ansia sociale e bassa autostima. Ansia e stress inoltre esacerbano la disfluenza.

L’esordio della balbuzie evolutiva avviene entro i 6 anni di età nella maggior parte dei casi (l’80%-90% degli individui) e più raramente entro i 7 anni. Può essere graduale o improvviso e inizialmente il bambino potrebbe non avere piena consapevolezza della sua disfluenza.

Sebbene prolungamenti e ripetizioni del parlato possono manifestarsi tra i 2 e i 5 anni in modo normale, se il disturbo persiste in età scolare è bene interpellare lo specialista: potrebbe trattarsi di balbuzie. Non conviene aspettare nella speranza che il disturbo si risolva da sé.

È essenziale individuare e riconoscere precocemente il disturbo, così da agire tempestivamente. La consultazione di un centro specializzato per la valutazione e il trattamento dei disturbi della comunicazione verbale aiuterà a inquadrare e affrontare un problema che non va sottovalutato, in quanto può condizionare fortemente la vita di relazione e il funzionamento scolastico del bambino.

La balbuzie richiede un’attenta valutazione che prevede il contributo di più figure professionali: il neuropsichiatra, il pediatra, lo psicologo e il logopedista.

È infatti fondamentale, considerare l'aspetto medico e neurologico del disturbo, per escludere l'eventuale presenza di patologie collegate tenendo conto dei fattori di natura emotivo-psicologica.

La diagnosi viene effettuata quando si osservano alterazioni della normale fluenza e della cadenza delle parole, inappropriate per l'età e per le abilità linguistiche del bambino e persistenti nel tempo, tra cui:

  • Ripetizioni di suoni o sillabe;
  • Prolungamenti dei suoni delle consonanti o delle vocali;
  • Interruzioni di parole;
  • Blocchi udibili o silenti;
  • Circonlocuzioni;
  • Parole pronunciate con eccessiva tensione fisica;
  • Ripetizione di intere parole composte da una sola sillaba come “va-va” o ”pa-pa”.

La percentuale di recupero nella balbuzie viene stimata tra il 65% e l’85%. La gravità del disturbo all’età di 8 anni è predittiva del recupero e della persistenza della balbuzie in adolescenza e negli anni successivi.

La diminuzione rapida della gravità dei sintomi (numero di ripetizioni, dei blocchi e dei prolungamenti) dalla loro comparsa è un indicatore positivo di recupero. La familiarità per un disturbo della fluenza ad esordio infantile, aumenta di tre volte il rischio di diagnosi.

Per effettuare la diagnosi è necessario svolgere un'accurata visita in cui bisogna indagare le possibili cause come la presenza di altri casi di balbuzie nei familiari, malattie neurologiche pregresse e traumi da parto.

È inoltre necessario raccogliere informazioni sul periodo di inizio della balbuzie, sui sintomi e sulla gravità del disturbo. Si esegue quindi un esame obiettivo, che consiste in un'attenta analisi della comunicazione verbale.

L'approccio multidisciplinare è il più corretto per la presa in carico di un bambino con balbuzie. È importante creare intorno al bambino un ambiente di accoglimento e di accettazione, in modo da non farlo sentire mortificato e sminuito.

Il logopedista svolgerà la riabilitazione della balbuzie del bambino con tecniche adeguate ed esercizi specifici a seconda delle manifestazioni del disturbo che può presentarsi come:

  • Difficoltà ad iniziare a parlare;
  • Difficoltà a completare la parola;
  • Produzione di clonie (contrazione spasmodica dei muscoli) talvolta associate a sincinesie (movimenti involontari) del volto.

I genitori di un bambino con balbuzie possono fare molto per aiutare il proprio figlio. Accettare il bambino con il suo disturbo, creando intorno a lui un mondo accogliente in cui il suo “problema” non venga enfatizzato ed ingigantito, ma in cui si senta accolto. Creare un clima comunicativo favorevole è essenziale.

È importante ascoltare il bambino quando parla, anche se si mette a balbettare, con attenzione e serenità, senza mostrare fretta, ansia, insofferenza. Bisogna lasciare che il bambino concluda sempre il suo discorso, anche se richiede più tempo.

È utile parlare molto al bambino, in modo rilassato e lento, ma senza scandire troppo le parole. Il bambino noterebbe la differenza di come ci si rivolge a lui e potrebbe ingigantire il problema.

Infine è sempre necessario valorizzare le altre qualità del bambino in modo da aumentare la sua autostima. Per esempio, se ama disegnare è utile sottolineare questa sua capacità e aiutarlo a potenziarla.
Ci sono al contrario comportamenti che i genitori di un bambino con balbuzie dovrebbero evitare.

In particolare, è consigliabile non anticipare il bambino quando parla, completando al posto suo le parole o le frasi, e non interromperlo dicendogli che lo si è già capito, poiché ciò potrebbe comportare per lui una mortificazione.

Bisogna evitare che il bambino debba conquistarsi da solo il diritto di parlare, per esempio dovendo gridare per farsi ascoltare.
È utile prendere l'abitudine di parlare uno alla volta.

È importante non dare di propria iniziativa indicazioni su come parlare per risolvere la difficoltà del bambino e neppure promettergli premi nel caso in cui parli correttamente, ciò potrebbe soltanto aggravare il suo problema.
Infine, quando il bambino parla è fondamentale non mortificarlo davanti agli altri, parenti, amici e persone non familiari, assumendo un’aria ansiosa o annoiata, ma dimostrare interesse e piacere per quello che dice.


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  • A cura di: Stefano Vicari, Floriana Costanzo
    Unità Operativa di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 21  Novembre 2023 


 
 

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