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Screening neonatale per la fibrosi cistica

Permette l'identificazione precoce dei neonati affetti da fibrosi cistica e l'attuazione di un programma di prevenzione e cura delle complicanze 

Numerose considerazioni scientifiche dimostrano che è estremamente importante praticare un test di screening a tutti i neonati per identificare precocemente quelli affetti da fibrosi cistica (FC).
La fibrosi cistica mostra una prevalenza variabile tra i vari gruppi etnici. Anche in Italia la sua incidenza sembra variabile tra le regioni, con una frequenza tra il 1:2200 e a 4700 nati vivi.

È la malattia più frequente tra le patologie genetiche causate dalla mutazione di un singolo gene. Compromette la durata della vita e la sua qualità.
Un riconoscimento precoce della malattia fibrosi cistica attraverso i sintomi clinici è a volte difficile perché non sono specifici e apparentemente lievi. Spesso, infatti, i sintomi dei bambini affetti da fibrosi cistica possono essere confusi con quelli di un'allergia alimentare, della celiachia, di un'asma bronchiale o di una bronchite recidivante.

Oggi disponiamo di un test per lo screening neonatale che si può considerare molto soddisfacente.
La diagnosi precoce permette di attuare un programma di prevenzione e cura delle complicanze, ritardando il più possibile l'evoluzione della malattia e quindi il danno irreversibile di organi e apparati.
A tutt'oggi non esiste una terapia farmacologica in grado di correggere il difetto genetico che causa la malattia (mutazioni del gene Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator - CFTR), ma i programmi terapeutici in atto sono in grado di curare il malassorbimento e la conseguente malnutrizione e di ridurre l'evoluzione del danno polmonare attraverso strategie che prevengono e curano l'infezione e l'infiammazione cronica polmonare.

Con queste strategie terapeutiche la prognosi per i malati con fibrosi cistica è nettamente migliorata passando da una sopravvivenza media di un anno - come accadeva 50 anni fa - agli attuali 40 anni.

Da oltre 40 anni gli studiosi hanno cercato di individuare un test utile per lo screening neonatale di questa malattia. Oggi si utilizza un test basato sul dosaggio della tripsina (un enzima pancreatico che serve per digerire le proteine introdotte con l'alimentazione) su una goccia di sangue del neonato raccolta su carta bibula (assorbente). La stessa goccia di sangue viene utilizzata anche per la diagnosi neonatale di altre malattie genetiche.

Se il "test della goccia" dimostra che i livelli di tripsina sono elevati, non è detto che il bambino sia effettivamente affetto da fibrosi cistica. Il centro di screening richiama la famiglia per effettuare il secondo dosaggio. Ciò avviene generalmente tra il 15°-20° giorno di vita del neonato.
In caso di tripsina elevata la diagnosi va confermata o esclusa ricorrendo ad altri test più sicuri.
In molte regioni, viene eseguito un primo screening genetico di tutti i neonati con livelli elevati di tripsina.

Com'è noto, la fibrosi cistica è causata da mutazioni del gene CFTR e sappiamo oggi che più di 1500 differenti mutazioni di questo gene possono causare la malattia. Il primo screening genetico consiste nella ricerca delle 50 mutazioni che più frequentemente causano la fibrosi cistica.
Questo modello di screening genetico utilizzato rileva oltre l'80% dei casi di fibrosi cistica.
La presenza di una mutazione del gene CFTR non è sufficiente per confermare la malattia.
Oggi è ancora necessario eseguire sempre il test del sudore anche nei casi in cui sono già identificate 2 mutazioni.

I programmi attuali di screening utilizzano una combinazione di test: il dosaggio della tripsina immunoreattiva associata alla ricerca sul DNA del paziente delle più frequenti mutazioni del gene della FC (CFTR).
Alcuni centri di screening effettuano la ricerca delle mutazioni CFTR già quando il primo test della tripsina risulta patologico, altri solo dopo la conferma di un dosaggio elevato di questo enzima al secondo prelievo di sangue.

In Italia quasi tutte le Regioni hanno reso obbligatorio lo screening per la fibrosi cistica ma ancora oggi vengono utilizzati protocolli differenti nelle diverse regioni.
L'utilizzo dei test genetici associati allo screening ci ha permesso di riconoscere diverse forme cliniche della malattia FC (fibrosi cistica) e soprattutto di individuare precocemente le forme lievi.
Ci siamo trovati davanti a situazioni nuove, a volte di difficile interpretazione diagnostica e soprattutto nella possibilità di individuare forme che nel passato non avremmo mai riconosciuto.

Crescita staturale e nutrizione
Rispetto a quelli diagnosticati più tardivamente in base alla comparsa dei sintomi della malattia, i bambini diagnosticati con lo screening neonatale hanno un migliore stato nutrizionale con effetti positivi anche a distanza di anni. È stata inoltre dimostrata una maggiore altezza, anche in età puberale, dei pazienti diagnosticati mediante screening.

Ospedalizzazioni
I pazienti diagnosticati con lo screening vanno incontro ad un numero di ospedalizzazioni dimezzato rispetto ai pazienti FC (fibrosi cistica) diagnosticati più tardivamente (49 vs 86%).

Sviluppo cognitivo
I benefici nutrizionali sembrano determinare nei bambini diagnosticati con lo screening un significativo miglioramento della capacità cognitiva. Probabilmente il deficit prolungato di vitamina E, tipico dei bambini diagnosticati tardivamente, danneggia lo sviluppo neurologico futuro e quindi le potenzialità cognitive.

Funzionalità polmonare
Gli studi sugli effetti dello screening nel ridurre i danni polmonari nei pazienti diagnosticati con lo screening sono ancora preliminari: alcuni (ma non tutti) mostrano a distanza di 10 anni una migliore funzionalità respiratoria nei bambini diagnosticati per mezzo dello screening.

Sopravvivenza
È stata dimostrata una riduzione del tasso di mortalità anche in epoca neonatale.
Sono necessari studi clinici controllati per verificare l'aumento della sopravvivenza.

Qualità di vita
La terapia precoce determina una significativa riduzione delle complicanze gravi della malattia. I lavori disponibili sottolineano che le differenze sulla qualità di vita sono da mettere in relazione al migliore stato nutrizionale e al minor numero di riacutizzazioni infettive polmonari.

Benefici per le famiglie
Oltre a determinare benefici per i pazienti, lo screening neonatale riduce anche lo stress emozionale dei genitori e permette anche di fornire alla coppia e a tutta quanta la famiglia informazioni più tempestive e accurate sulle basi genetiche della malattia.

La validità clinica di un test di screening dipende dalla sua capacità d'identificare con ragionevole certezza i soggetti affetti da una particolare malattia.
Come ci si esprime nel linguaggio degli addetti ai lavori, il dosaggio della tripsina è un test altamente sensibile ma scarsamente specifico.

È molto specifico perché, su 100 neonati affetti da fibrosi cistica, 98 (quasi tutti) hanno livelli elevati di tripsina. Ma al contempo è scarsamente specifico perché i livelli di tripsina sono elevati anche in molti neonati con distress respiratorio, prematurità o malformazioni.
In cifre: ogni 30 positivi allo screening, un solo bambino risulta malato.
È stato dimostrato comunque che spesso il bambino portatore sano di mutazioni FC (fibrosi cistica) può presentare alla nascita la positività del dosaggio della tripsina.

Pertanto tutti i bambini positivi allo screening necessitano di una conferma diagnostica con il dosaggio del Cloro al test del sudore, oppure conferma con test genetico attraverso l'evidenza di mutazioni su due alleli (diagnosi genetica).

Falsi negativi allo screening: lo screening per la fibrosi cistica presenta un numero maggiore di falsi negativi rispetto a quello evidenziato nei programmi di screening di altre malattie; ciò si verifica sia con il dosaggio della tripsina che con la ricerca del DNA poiché il paziente può essere portatore di una mutazione non inclusa nel kit usato per il programma di screening (che include solo alcune delle mutazioni conosciute del gene).

Un rischio esiste anche in caso di bambini di altre etnie spesso portatori di mutazioni che non sono comprese tra quelle identificate nello screening in un determinato Paese.
Ogni strategia di screening porta con sé la possibilità di uno stress psicologico per i genitori. Questo aspetto è stato molto studiato per lo screening neonatale della fibrosi cistica ed è causato soprattutto dai molti falsi positivi (bambini positivi allo screening ma non affetti da malattia FC).

Esiste inoltre un rischio psicosociale favorito dall'identificazione dei portatori sani di mutazioni del gene CFTR che può generare confusione se non si applicano protocolli ben disegnati per l'educazione e il counseling genetico (ovvero quel processo di informazione delle famiglie sulla natura, l'ereditarietà e le implicazioni delle malattie genetiche, al fine di fornire aiuto sulle decisioni informate di carattere medico e personale).

Lo screening permette d'identificare pazienti con forme molto lievi di malattia di cui non conosciamo con chiarezza la prognosi a lungo termine. Oggi per questi pazienti sono consigliati programmi di controllo perché non è ancora chiaro quale potrebbe essere il giusto programma di prevenzione.
I test diagnostici usuali (test del sudore e ricerca mutazioni CFTR) possono non confermare la diagnosi. In quei casi in cui i sintomi sono in parte sovrapponibili alla fibrosi cistica ma con risultati incerti del test del sudore o dei test genetici si consiglia di effettuare la ricerca ampliata delle mutazioni con ricorso a metodiche di biologia molecolare che consentono d'identificare il 90% delle mutazioni che possono causare fibrosi cistica.

Il rapporto rischi/benefici è nettamente a favore dello screening e ciò ha favorito nel mondo lo sviluppo e l'applicazione dello screening neonatale di massa per la fibrosi cistica.
Di conseguenza andrà progressivamente diminuendo il numero dei bambini con fibrosi cistica diagnosticati tardivamente e diminuiranno quindi anche le complicanze cliniche causate dal ritardo diagnostico.

La presenza di programmi di screening comunque non deve ridurre l'attenzione diagnostica in quei casi sospetti anche se risultati negativi allo screening neonatale.
Sarà certamente necessario sviluppare una migliore pianificazione e potenziare le risorse nei centri specializzati per favorire la diagnosi corretta e soprattutto migliorare le capacità di comunicazione di tutti gli operatori sanitari che lavorano in questo settore.


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  • A cura di: Vincenzina Lucidi
    Unità Operativa di Fibrosi Cistica
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 18 gennaio 2021


 
 

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