Il video che racconta la giornata
La labiopalatoschisi, conosciuta come "labbro leporino", è la più comune anomalia congenita del cranio e del volto: in Europa ne soffre 1 bambino su 750. L'impatto estetico-funzionale e psicologico è forte, il percorso terapeutico è molto impegnativo e dura 18-20 anni. Per questo motivo è importante che le famiglie e i pazienti siano sostenuti e accompagnati dalla diagnosi prenatale fino al termine delle cure presso un unico Centro di riferimento e da un team di specialisti - dal chirurgo plastico allo psicologo - che si occupi di ogni aspetto della patologia. All'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù attualmente sono seguiti in follow up oltre 1.500 bambini e ragazzi affetti dalla malformazione. A loro è stato dedicato l'Open Day di sabato 24 giugno che si è svolto nella sede di Roma-San Paolo.
Una giornata di consulenze mediche gratuite presso i mini-box allestiti in sede, informazioni, approfondimenti scientifici, confronto tra famiglie, associazioni, medici, infermieri, logopedisti e racconto delle esperienze di genitori, fratelli ed ex pazienti. L'iniziativa era promossa dall'associazione BA.BI.S. Onlus - La Banda dei Bimbi Speciali in collaborazione e dal Centro per le Malformazioni Craniofacciali del Bambino Gesù.
La labiopalatoschisi è una malformazione congenita caratterizzata dalla presenza di una schisi, ovvero l'interruzione dei tessuti della faccia e della cavità orale (naso, labbra, gengive, palato) dovuta alla loro mancata fusione. È una patologia complessa che può comportare alterazioni funzionali legate alla deglutizione, al linguaggio, all'udito. Le cause non sono note: ad oggi è considerata una malformazione multifattoriale, legata cioè a fattori genetici, ambientali, assunzione di alcol, droghe o farmaci durante la gravidanza. L'anomalia può presentarsi sotto varie forme e con diversi gradi di gravità. La labiopalatoschisi completa colpisce principalmente i maschi (il rapporto maschi/femmine è di 2:1). Nella palatoschisi l'incidenza è maggiore tra le femmine. Per saperne di più: Labiopalatoschisi
Nel Centro per le Malformazioni Craniofacciali del Bambino Gesù, Centro di riferimento per la patologia, ogni anno vengono seguiti 150 nuovi casi, pari al circa il 25% del totale dei bambini nati in Italia con questa anomalia. Il percorso terapeutico (tecnica chirurgica appropriata, tempistica delle operazioni, intervalli tra controlli) è programmato caso per caso. Nelle situazioni più complesse è necessaria una lunga serie di interventi per ripristinare funzionalità e aspetto estetico (ricostruzione del labbro e del palato, rimodellamento del naso, gengivoplastica, innesti ossei, ortodonzia, chirurgia per le deformità dento-scheletriche).
Un team multidisciplinare composto da chirurghi plastici, genetisti, infermieri specializzati, logopedisti, logopedisti disfagisti, otorinolaringoiatri, odontoiatri, psicologi, in maniera coordinata effettua diagnosi, pianifica gli interventi, offre assistenza (medica, chirurgica, psicologica) ai bambini nelle diverse fasi della loro crescita, informa e dà sostegno alle famiglie, spesso fin dal periodo gestazionale.
Per le famiglie è attivo anche un servizio di counseling telefonico e informatico. Le richieste di supporto sono gestite dal personale sanitario dell'unità operativa di Chirurgia Plastica e Maxillofacciale insieme a BA.BI.S. Onlus - La Banda dei Bimbi Speciali, un'associazione di genitori accreditata presso il Bambino Gesù che accoglie famiglie e pazienti adulti, importante punto di riferimento per i pazienti più piccoli.
«L'approccio multidisciplinare alla cura dei pazienti con schisi del labbro e/o del palato è alla base del buon esito del lungo percorso di cura» sottolinea Mario Zama, responsabile di Chirurgia Plastica e Maxillofacciale del Bambino Gesù. «Non è affidandosi a internet o a consigli estemporanei che si riesce ad arrivare in contatto con un centro multidisciplinare dedicato. Come già puntualizzato a livello di Comunità Europea, curare una labiopalatoschisi non è semplicemente effettuare un intervento chirurgico sul labbro il prima possibile, ma seguire un protocollo di cura che preveda interventi chirurgici, esami strumentali, riabilitazione, follow-up dei pazienti, aggiornamento dei professionisti coinvolti nella cura. Questo percorso coinvolge anche le famiglie che vanno accompagnate dal delicato momento della comunicazione della diagnosi attraverso tutti i passaggi che i bambini si troveranno ad affrontare e a superare».
Le testimonianze di ex pazienti del Bambino Gesù, ora dipendenti dell'Ospedale
Le mamme dei pazienti raccontano la loro esperienza in Ospedale