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Neoplasie Mieloproliferative

Per neoplasie mieloproliferative s'intendono 4 malattie diverse: Leucemia mieloide cronica, Policitemia vera, Trombocitemia essenziale, Mielofibrosi idiopatica 

Le neoplasie mieloproliferative (MPN) sono un gruppo di disordini dell'emopoiesi, ovvero della produzione delle cellule e dei corpuscoli del sangue, che derivano da un'alterazione dei meccanismi di crescita e maturazione della cellula staminale emopoietica, da cui originano i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine.

Descritte per la prima volta nel 1951 da William Dameshek come disordini mieloproliferativi, sono delle malattie più frequenti negli anziani, mentre sono rare nei pazienti pediatrici. 

Le neoplasie mieloproliferative si caratterizzano per l'incremento, spesso senza sintomi, del numero di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine nel sangue e sono accomunate dall'alterazione di una proteina che controlla la moltiplicazione delle cellule.

Raramente queste condizioni possono trasformarsi in leucemie acute. Negli ultimi anni, grazie a una migliore conoscenza delle caratteristiche biologiche delle neoplasie mieloproliferative, sono state identificate terapie alternative ai trattamenti chemioterapici convenzionali che risultano molto efficaci e hanno cambiato drasticamente il destino dei pazienti affetti da queste malattie.

Con il termine neoplasie mieloproliferative distinguiamo quattro patologie differenti:

  • Leucemia mieloide cronica;
  • Policitemia vera;
  • Trombocitemia essenziale;
  • Mielofibrosi idiopatica.

La leucemia mieloide cronica (LMC), rara nella popolazione pediatrica, è un disordine dell'emopoiesi causato dalla proliferazione incontrollata di una cellula staminale emopoietica.

È caratterizzata dalla comparsa del cromosoma Philadelphia che deriva da una traslocazione, t (9;22), ovvero lo scambio di due porzioni di cromosoma che invertendo la loro posizione danno origine a una nuova proteina, la BCR/ABL, responsabile di alterazione nei meccanismi di crescita e maturazione delle cellule emopoietiche, che conduce all'insorgenza della malattia.

La leucemia mieloide cronica può esordire in una fase cronica, o acuta (fase accelerata e blastica).

Nella maggioranza dei casi la leucemia mieloide cronica esordisce nella sua fase cronica e si presenta senza sintomi con un aumento dei globuli bianchi riscontrato occasionalmente in corso di esami di routine, associato a volte a riduzione di emoglobina, incremento del numero di piastrine e delle dimensioni della milza.

La diagnosi si effettua in base ai risultati dell'emocromo e di uno striscio del sangue periferico, eseguito per valutare al microscopio l'aspetto dei globuli bianchi e la presenza di elementi immaturi di origine midollare.

La conferma diagnostica arriva dall'analisi molecolare e citogenetica per l'identificazione del cromosoma Philadelphia. Inoltre, il paziente viene sottoposto ad aspirato midollare e biopsia osteomidollare per escludere l'evoluzione in fase accelerata o blastica.

Fino a 15 anni fa, la terapia della leucemia mieloide cronica si avvaleva di terapie chemioterapiche convenzionali che non garantivano una guarigione completa, ottenuta solo attraverso il trapianto allogenico, ovvero da donatore, di cellule staminali emopoietiche.

L'identificazione del cromosoma Philadelphia come marcatore di malattia ha determinato una rivoluzione terapeutica, attraverso l'introduzione di farmaci mirati quali gli inibitori delle tirosin-chinasi (Imatinib, Dasatinib, Nilotinib).

Questi farmaci si legano in maniera selettiva alle cellule tumorali e bloccano l'attività della proteina BCR-ABL, determinando così uno stop della proliferazione e la morte cellulare.

I farmaci sono somministrati per via orale, sono poco tossici per l'organismo e consentono di ottenere una guarigione completa. Pertanto, oggi la leucemia mieloide cronica può essere curata attraverso l'assunzione giornaliera di una compressa, garantendo un adeguato controllo della malattia e una buona qualità di vita dei pazienti.

Ad oggi, il trapianto di cellule staminali emopoietiche è riservato solo a pazienti selezionati con fattori prognostici sfavorevoli o che non rispondono alle terapie farmacologiche. 

La policitemia vera è caratterizzata da un incremento delle cellule del sangue determinato da un elevato numero di globuli rossi. I globuli rossi (eritrociti o emazie), contengono emoglobina, una proteina ricca di ferro che ha la funzione di immagazzinare l'ossigeno nel momento in cui il sangue passa attraverso i polmoni, per poi rilasciarlo agli organi e ai tessuti dell'intero organismo.

Mentre una riduzione dei globuli rossi determina anemia, il loro aumento provoca un incremento della viscosità del sangue. È rara nell'infanzia e nell'adolescenza.

Nei pazienti pediatrici, è causata, per un terzo dei pazienti, da una mutazione della proteina JAK2 (V617F), che determina un'alterata maturazione e un incremento dei globuli rossi nel sangue.

I pazienti affetti da policitemia vera presentano sintomi legati al numero abnorme di globuli rossi nel sangue e alla conseguente iperviscosità come: ipertensione, cefalea, prurito diffuso in assenza di lesioni cutanee, elevato rischio trombotico.

La diagnosi è ipotizzata in seguito al riscontro di presenza elevata di emoglobina (Hb>18g/dl) ed ematocrito (Hct 53-55%), in assenza di altre cause di aumento del numero di globuli rossi. Inoltre, può essere presente un incremento delle dimensioni della milza (splenomegalia) e un numero elevato di globuli bianchi e piastrine.

La diagnosi viene formulata attraverso la valutazione dell'emocromo, il dosaggio dell'eritropoietina sierica, la ricerca delle mutazioni di JAK2, l'aspirato midollare e la biopsia osteomidollare.

Il trattamento consiste in salassoterapia e terapia con Idrossiurea, al fine di ridurre la percentuale di ematocrito al di sotto del 45% e di ridurre al contempo la splenomegalia. Nei pazienti con un rischio trombotico elevato, è indicata la terapia antiaggregante.

Questa malattia ha una prognosi favorevole, con un'evoluzione molto indolente. Nei bambini la probabilità di trasformazione in leucemia acuta e mielofibrosi è significativamente inferiore rispetto a quanto si osserva nella popolazione adulta.

Nei pazienti con prognosi sfavorevole, può essere valutata l'indicazione al trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche.

La trombocitemia essenziale è caratterizzata da un incremento persistente del numero di piastrine nel sangue (superiore a 450.000/mmc). Le piastrine sono frammenti di cellule del midollo osseo (i megacariociti), contribuiscono a fermare le emorragie, ma sono anche responsabili della formazione di trombi, che possono causare l'occlusione di un vaso sanguigno (trombosi).

La trombocitemia essenziale è causata da un'alterazione della cellula staminale emopoietica che si manifesta con un aumento del numero di megacariociti nel midollo osseo.

Ciò determina conseguentemente un incremento del numero di piastrine circolanti, che si traduce in un maggiore rischio di fenomeni trombotici e/o emorragici (anche se in numero aumentato, la funzionalità piastrinica può essere ridotta).

La malattia è rara nella popolazione pediatrica. Nei bambini gli eventi trombotici sono poco frequenti e spesso la malattia si presenta con cefalea, convulsioni, riduzione della vista.

La diagnosi si effettua in seguito al riscontro di un numero elevato di piastrine nel sangue e viene confermata con la ricerca di mutazioni specifiche, quali JAK2, MPL e CALR, l'aspirato midollare e la biopsia osteomidollare. È molto importante sottolineare che la trombocitemia essenziale è una malattia a prognosi favorevole, in cui non sempre è indicato un trattamento.

Inoltre, non esiste una correlazione tra il numero delle piastrine e il rischio di trombosi; pertanto, la presenza di un numero anche elevato di piastrine non è sinonimo di necessità di trattamento.

In pazienti a rischio trombotico è invece indicata la terapia antiaggregante, ovvero con farmaci in grado di prevenire la formazione di trombi. Nei pazienti ad alto rischio è indicata la terapia con Idrossiurea o in alternativa Interferone o Anagrelide.

Nella popolazione adulta sono in corso studi sperimentali su nuovi farmaci, quali gli inibitori di JAK2, che hanno mostrato risultati incoraggianti e aprono nuovi scenari nel trattamento delle neoplasie mileloproliferative pediatriche.

La mielofibrosi idiopatica è una malattia rarissima in età pediatrica. Sono stati osservati circa 40 casi al mondo, spesso familiari.

Si caratterizza per un'alterazione della cellula staminale emopoietica che si traduce in un'insufficienza del midollo osseo, secondaria a fibrosi midollare, e che determina una riduzione del numero di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine nel sangue e la presenza in circolo di elementi immaturi del midollo osseo.

Il decorso è variabile, tra forme a risoluzione spontanea a quelle fatali. Il trattamento più indicato è il trapianto di cellule staminali emopoietiche.


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  • A cura di: Angela Mastronuzzi
    Unità Operativa di Neuro-Oncologia
  • in collaborazione con:

Ultimo Aggiornamento: 28  Settembre 2023 


 
 

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