Il piccolo paziente affetto da Linfoistiocitosi Emofagocitica (HLH), trasferito a fine novembre al Bambino Gesù di Roma dall'Ospedale Great Ormond Street di Londra e sottoposto il 20 dicembre a trapianto di cellule staminali emopoietiche da genitore, è in dimissione dall'Ospedale in buone condizioni di salute.
Le cellule del padre, manipolate e infuse nel bambino di 20 mesi, a distanza di 1 mese dal trapianto hanno perfettamente attecchito, ripopolando adeguatamente il sistema emopoietico e immunitario del paziente. Nell'arco delle 4 settimane successive al trapianto non si sono registrate complicanze, né sul piano infettivo, né sul piano del rigetto, il problema principale per situazioni di questo tipo.
Alla luce di queste evidenze, il percorso trapiantologico può dirsi concluso positivamente. La somministrazione del farmaco salva-vita (emapalumab), che teneva sotto controllo la malattia regolando le reazioni del sistema immunitario, è stata sospesa la scorsa settimana. Il bambino, in buone e stabili condizioni di salute, lascerà l'Ospedale nelle prossime ore. Si apre ora una nuova fase, che come in tutti questi casi prevede visite di controllo in DH con frequenza inizialmente settimanale e poi, via, via, sempre più distanziata.
«Siamo soddisfatti del percorso trapiantologico del bambino, che al momento è stato perfetto» commenta Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica. «Nelle prossime settimane andrà monitorato accuratamente il completamento del processo di ricostituzione immunologica, così come il persistere di un attecchimento completo delle cellule paterne. I rischi ai quali i pazienti di questo tipo possono andare incontro dopo la dimissione sono principalmente legati allo sviluppo di complicanze infettive. Per questa ragione il bambino verrà strettamente controllato con periodiche visite presso il nostro reparto di DH; doverosamente premessa questa nota di cautela, non possiamo che essere, allo stato attuale, felici per l'evoluzione di questa vicenda così complessa».
«Va doverosamente sottolineato – aggiunge il prof. Locatelli – come la storia di questo bambino sia un esempio virtuoso di collaborazione, nel contesto del sistema sanitario nazionale, tra istituzioni accademiche e company farmaceutiche specializzate in approcci di estrema sofisticazione biotecnologica. Grazie alla sensibilità della Novimmune, infatti, il paziente ha potuto fruire del trattamento farmacologico sperimentale con emabalumab ben oltre quello che è il normale percorso dei pazienti inclusi nel trial. Questo farmaco ha permesso di risparmiare trattamenti chemioterapici pre-trapiantologici e la conseguente tossicità che ne deriva. L'estensione d'uso del farmaco ha contributo non solo a tenere sotto controllo la malattia, ma anche a prevenire il rigetto delle cellule del padre. Allo stesso modo, la Bellicum Pharmaceutical ha gratuitamente preparato le cellule T linfocitarie del donatore geneticamente modificate con un gene suicida (caspasi 9 inducibile) che sono state infuse, a distanza di giorni dal trapianto, al bambino per accelerare il processo di ricostituzione immunologica. La collaborazione con Novimmune e Bellicum è il frutto del ruolo di coordinamento per i rispettivi trials internazionali svolto dall'Ospedale della Santa Sede».
«Il successo ottenuto in questo caso dalla donazione da genitore – conclude Locatelli – nulla toglie all'importanza dell'azione di sensibilizzazione per l'incremento dei donatori di midollo osseo nel Registro italiano. Potenziare il Registro Italiano è strategicamente cruciale per ottimizzare le possibilità di cura con il trapianto e in questo senso il lavoro svolto dal Centro Nazionale Trapianti, nella persona del Dr. Nanni Costa, e dalla Dr.ssa Sacchi responsabile del Registro, è assolutamente cruciale. Il caso di questo bimbo dimostra solo che si può avere una soluzione efficace, in centri qualificati e ad alta esperienza, anche per quei pazienti che non possiedono un donatore non consanguineo compatibile. Opzione che rimane, tuttavia, la prima scelta terapeutica».
«Devo ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato – afferma il padre di Alex, Paolo Montresor – e in particolare i tantissimi giovani che si sono messi in fila per donare il midollo osseo decidendo di dare una speranza a noi e a tanti malati che, come il nostro piccolo, aspettano il trapianto. Sarebbe bello un mondo in cui tutte le persone malate trovino più di un donatore. Forse la nostra famiglia ha dato un piccolo contributo ad aumentare la cultura della donazione del midollo osseo facendo capire che non è invasiva e non mette in pericolo».
Qui il video dell'intervento del papà del piccolo paziente durante la conferenza stampa:
«Una bellissima notizia. Ho seguito da vicino la questione – dichiara il ministro della salute, Giulia Grillo – e con i miei collaboratori siamo stati in contatto costante con la famiglia, a cui va il mio più sincero augurio. È stato un bellissimo esempio di come il nostro Servizio sanitario nazionale funzioni alla grande lavorando in sinergia! Sono orgogliosa e ringrazio tutti i donatori che si sono mobilitati per dare speranza ad Alex e a tutte le persone malate in attesa di un trapianto di midollo osseo, il Centro Nazionale Trapianti e le associazioni di volontariato (in particolare l'ADMO) per l'impegno nelle piazze italiane. Ovviamente il ringraziamento più importante va a tutti i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari che si sono impegnati per Alex. Complimenti all'ospedale Bambino Gesù e all'equipe del professore Locatelli che rappresentano un'eccellenza a livello mondiale.La vicenda di Alex deve aiutare a rendere viva la consapevolezza dell'importanza del sistema sanitario pubblico come diritto di tutti i cittadini da tutelare».
Qui il video con i ringraziamenti all'Ospedale del ministro della salute:
«Abbiamo vissuto con grande partecipazione la vicenda di Alex – commenta la presidente del Bambino Gesù, Mariella Enoc – così come quella di tutti i bambini che accogliamo nel nostro ospedale. Oggi viviamo un momento di grande gioia perchè Alex torna a casa, ma non dimentichiamo i bambini che non ce l'hanno fatta e che conservano un posto speciale nel nostro cuore insieme ai loro genitori. La mobilitazione straordinaria intorno a questa vicenda ha permesso di capire meglio il valore del dono. Lavoriamo tutti insieme nella prospettiva del bene dei bambini».
LA MALATTIA
La Linfoistiocitosi Emofagocitica primaria, nota come HLH (Hemophagocytic Lympho-Histiocytosis), è una rarissima patologia ereditaria del sistema immunitario che colpisce circa 2 bambini ogni 100.00 nuovi nati e non lascia speranze se non quella di un trapianto di cellule staminali emopoietiche, prima del quale è necessario eseguire una terapia medica che ha lo scopo di controllare l'esasperata risposta infiammatoria che caratterizza questa malattia. In assenza di terapia, questa malattia è fatale in poche settimane.
Recentemente la Food and Drug Administration (FDA), l'agenzia americana che regolamenta l'utilizzo dei farmaci, ha approvato ufficialmente un trattamento farmacologico sperimentale – sviluppato specificatamente per la cura dell'HLH – che consente di contenere adeguatamente l'evoluzione della malattia in attesa di identificare il donatore compatibile per il trapianto. E' il trattamento farmacologico (emapalumab) cui è stato sottoposto il piccolo paziente in questi mesi.
TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE DA GENITORE
Il trapianto emopoietico da genitore con rimozione dei linfociti alpha/beta è una procedura basata sulla manipolazione delle cellule staminali emopoietiche prelevate dal donatore per privarle selettivamente di tutti gli elementi che potrebbero aggredire l'organismo del ricevente. In assenza di un donatore perfettamente compatibile, come nel caso del bimbo proveniente da Londra, questa tecnica rende possibile il trapianto anche da uno dei genitori, per natura compatibili con il proprio figlio solo al 50%.
La tecnica è stata messa a punto dall'équipe di ricercatori del prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia, Terapia Cellulare e Genetica del Bambino Gesù e viene utilizzata per il trattamento di pazienti pediatrici affetti sia da emopatie maligne (ad esempio le leucemie) che da altre patologie congenite non tumorali (come le immunodeficienze primitive e le talassemie). Questa procedura, ormai consolidata, è stata adottata ad oggi per il trattamento di più di 200 pazienti, con risultati sovrapponibili a quelli ottenuti con i trapianti da donatore, familiare o non consanguineo, perfettamente compatibile.