
Le deformità e le eterometrie (differenze di lunghezza) degli arti inferiori sono anomalie, presenti già alla nascita (congenite) o che compaiono successivamente nella vita del bambino (acquisite), della normale conformazione e struttura meccanica degli arti inferiori.
Nelle deformità vanno distinte:
- Le forme funzionali, da contratture articolari che causano una apparente differenza di lunghezza o un'alterazione dell'asse meccanico degli arti inferiori;
- Le forme strutturali, causate invece da anomalie ossee a qualsiasi livello degli arti inferiori o del bacino.
Le eterometrie possono essere congenite e far parte di malattie congenite ortopediche isolate oppure far parte di sindromi complesse. Le eterometrie acquisite compaiono in seguito a traumi, infezioni, tumori o altro.
Le malattie congenite che causano eterometria degli arti inferiori sono numerose anche se in alcuni casi, non riuscendo a rilevare alcuna anomalia associata né una causa apparente, si parla di forme idiopatiche. La storia naturale dell'eterometria dipende dalla malattia che la causa.
Nelle forme congenite il peggioramento è di solito costante e non è difficile predire quale sarà la differenza di lunghezza tra gli arti al termine dell'accrescimento, anche utilizzando appositi software sviluppati negli ultimi anni.
Nelle forme acquisite invece, abbiamo una estrema variabilità a seconda dell'età in cui compaiono e a seconda della gravità. Le malattie che causano dismetrie possono provocare accorciamento o allungamento dell'arto colpito.
Di seguito una tabella con alcuni esempi:
Malattie congenite |
Accorciamento |
Allungamento |
|
Aplasie-Ipoplasie Sindromi genetiche (es. Silver-Russel) |
Iperplasie congenite (Klippel-Trenaunay-Weber) |
Neurologiche |
Emiplegia-Emiparesi |
Interventi chirurgici che interrompono le fibre nervose ortosimpatiche (Simpaticectomie) |
Vascolari |
Ischemie-Morbo di Perthes |
Angiomi-Fistole artero venose |
Infettive |
Lesioni meta-epifisarie (parte delle ossa lunghe che comprende l'estremità dell'osso o epifisi e la parte di osso che congiunge l'estremità della diafisi con l'epifisi) |
Lesioni diafisarie |
Neoplastiche |
Lesioni meta-epifisarie |
Lesioni vascolari |
Traumatiche |
Pseudoartrosi Esiti di fratture meta epifisarie |
Fratture diafisarie Trattamenti in distrazione (vedi oltre) |
La diagnosi si basa anzitutto sulla storia clinica e su un'attenta visita ortopedica.
Per determinare in maniera precisa la deformità o la eterometria degli arti inferiori è necessario eseguire una radiografia degli arti inferiori sotto carico - quindi con il paziente in piedi - con le ginocchia di fronte e radiografie in laterale includendo il bacino e le caviglie: vengono misurate la lunghezza del femore e della tibia, tracciati gli assi meccanici dell'intero arto e dei singoli segmenti ossei, considerando attentamente anche la posizione e l'anatomia del piede e dell'anca.
La radiografia va effettuata con un rialzo compensativo dell'arto più corto.
Le deformità degli arti inferiori vanno trattate anche precocemente se dovute a uno scarso o mancato sviluppo di parti dello scheletro degli arti inferiori (femore corto congenito, scarso o mancato sviluppo della tibia o del perone).
Se invece tali deformità sono idiopatiche, senza cioè una causa evidente, vanno osservate ed eventualmente trattate solo nelle forme più gravi prima della fine dello sviluppo puberale.
In questo periodo infatti, sono attive (o fertili) le cartilagini di accrescimento delle ossa lunghe. Terminato lo sviluppo puberale, le cartilagini di accrescimento si saldano e le ossa non possono più crescere in lunghezza.
Si utilizzano tecniche chirurgiche di emiepifisiodesi temporanea dette anche tecniche di crescita controllata.
Questa tecnica ha lo scopo di arrestare temporaneamente la crescita dell'arto più lungo, in modo che la prosecuzione della normale crescita dell'arto più corto permetta una progressiva autocorrezione del difetto.
L'inserimento di un dispositivo metallico a forma di U, con le due braccia parallele inserite nella cartilagine di accrescimento dell'arto più lungo ne arrestano la crescita.
La cartilagine dell'arto più corto, con la crescita residua, correggerà progressivamente la deformità. All'incirca uno-due anni dopo l'intervento, il dispositivo viene rimosso.
Differenze di lunghezza di 1 cm o meno non hanno immediata rilevanza clinica, vengono spesso osservate e nella gran parte dei casi migliorano spontaneamente verso la fine della pubertà.
Eterometrie tra 1 e 2 cm necessitano di un'attenta osservazione, di un trattamento ortesico (plantari con rialzo e calzature predisposte) per diminuire l'obliquità del bacino. In qualche caso si rende necessario il trattamento chirurgico.
Eterometrie superiori ai 2 cm necessitano di norma di un trattamento chirurgico correttivo.
Il trattamento chirurgico delle dismetrie (differenze di lunghezza) in età pediatrica si basa sull'età del paziente e sulla gravità del quadro clinico.
I trattamenti chirurgici che vengono presi in considerazione sono:
- Le epifisiodesi temporanee o definitive del segmento scheletrico più lungo;
- L'allungamento dei segmenti scheletrici interessati.
Particolare importanza nella correzione delle dismetrie deve essere posta al calcolo dell'altezza definitiva che verrà raggiunta dal paziente, alla lunghezza del segmento scheletrico interessato, alla previsione della differenza di lunghezza tra gli arti al termine della pubertà, all'altezza minima - a termine accrescimento - accettabile da parte del paziente e dei familiari quando si pianifica un intervento di epifisiodesi.
Le epifisiodesi sono il trattamento da preferire per dismetrie tra i 2 e i 4 cm, soprattutto per pazienti che si avviano alla maturità scheletrica, in malattie non congenite, quando l'accorciamento dell'arto è causato in egual misura dal femore e dalla tibia e quando la dismetria è dovuta alla crescita eccessiva di un arto.
È una procedura chirurgica semplice, sicura, ben tollerata dal paziente, ma va attentamente pianificato il momento in cui intervenire. A questo fine si utilizzano misurazioni radiografiche ripetute nel tempo e gli algoritmi sopra menzionati.
L'allungamento del segmento scheletrico interessato rimane la metodica più spesso utilizzata.
Le tecniche di allungamento utilizzabili in età pediatrica sono fondamentalmente:
- Il fissatore esterno monoassiale;
- Il fissatore esterno circolare;
- Il fissatore esterno ibrido (combinazione di assiale e circolare);
- L'allungamento con fissatore esterno su infibulo endomidollare;
- Il chiodo endomidollare telescopico motorizzato o magnetico.
Il ricovero in ospedale dopo un intervento di allungamento sarà di circa 5-7 giorni. Durante il ricovero i genitori e il paziente stesso verranno educati riguardo alle modalità di allungamento e alla medicazione quotidiana dei tramiti dei fili e delle viti che fissano il fissatore all'arto.
Nell'allungamento si distinguono 5 fasi:
- Fase di attesa (periodo compreso tra intervento e inizio dell'allungamento);
- Fase di distrazione (o allungamento);
- Fase di consolidazione statica (tutti gli elementi del fissatore sono bloccati);
- Fase di consolidazione dinamica (alcuni elementi del fissatore vengono sbloccati);
- Rimozione.
L'allungamento viene iniziato circa 1 settimana dopo l'intervento chirurgico e prevede una velocità di distrazione di circa 1 mm al giorno che può essere modificata nel corso del trattamento. Le articolazioni vanno mobilizzate precocemente dal paziente in collaborazione con il fisioterapista.
Durante la fase di distrazione (allungamento) il paziente non può caricare l'arto colpito. Potrà farlo gradatamente più avanti, durante la fase di consolidazione.
Le radiografie di controllo vengono effettuate settimanalmente durante la fase di distrazione e mensilmente durante la fase di consolidazione.
La rimozione dell'apparato avviene quando il segmento scheletrico allungato presenta una ristrutturazione ossea evidente all'esame radiografico e viene effettuata in regime di Day Surgery.
Dopo la rimozione dell'apparato può essere utilizzata una tutela, gessata o con tutori predisposti, oppure lasciato carico libero senza tutele.
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